Si trasferì dalla nativa Grecia, in giovane età a Napoli. Nel 1609 i benedettini gli affidarono la decorazione delle volte della navata, del transetto e del coro della chiesa dei Santi Severino e Sossio, dove aveva dipinto anche alcune cappelle. Fra queste gli va verosimilmente ascritta - in accordo con Bernardo De Dominici[1] e la letteratura periegetica napoletana - la decorazione della cappella Medici di Gragnano, con le Storie di san Benedetto, Mauro e Placido (ante1593)[2], tra fastosi motivi ornamentali a stucco. Lo schema della volta medicea - uno scompartimento mediano raccordato da quattro pannelli rettangolari ai lati - dovette senz'altro essere recepito nell'ambiente locale come maturo tassello del discorso brillantemente iniziato a Napoli vari decenni prima da Giorgio Vasari e portato avanti nella certosa di San Martino da un'intera nuova generazione di artefici provenienti dal grande crogiolo culturale della Roma di papa Sisto V[3].
Nel 1615 affrescò la volta lunettata dell'abside della chiesa di Santa Maria di Costantinopoli.
Nel 1629 affrescò la cupola di Montecassino (persi per il bombardamento del 1944). Del pari perduti sono gli affreschi di una galleria del palazzo Capuano di Portici, distrutti a seguito dell'abbattimento della stessa, al fine di fare luogo all'attuale via Libertà.
È attribuito a lui le Storie della vita di Maria e Gesù della cappella Gagliardi della Cattedrale di Lucera.
Operò per molti anni nella chiesa di Santa Maria la Nova (ne affrescò il soffitto). Creò quattro sue tele in Santa Maria del Popolo (Natale, Epifania e Presentazione, Riposo in Egitto). Nell'interno della chiesa di Santa Patrizia ci sono dipinti di questo pittore mentre alcuni affreschi sono ancora visibili nel Castel Capuano, dove il pittore operò nel 1608, come risulta da cedole di pagamento rinvenute presso l'archivio storico del Banco di Napoli.
Nel "Tempietto" della basilica di Santa Maria a Parete, in Liveri (NA) il Corenzio dipinse due affreschi, il più grande dei quali, posto nella parte destra, raffigurante scene sulla Danza della morte, sul Giudizio, l'Inferno ed il Paradiso (1603-1604). Altre pitture sono invece a Nola, presso la Chiesa dell'Annunziata e ad Arienzo.
Morì tragicamente nel 1646 cadendo da un ponteggio nella chiesa dei Santi Severino e Sossio, dove è sepolto, mentre ritoccava gli affreschi del transetto.
Affreschi Bruno di Colonia che vede miracolosamente Raimondo Diocres condannato all'inferno, La regina Giovanna I che offre la custodia della chiesa a san Bruno, Il sogno di sant'Ugo, Martiri delle sante Agata e Caterina, Parabole evangeliche, Virtù certosine e Cristo e l'adultera, Certosa di San Martino, Napoli
Dipinti Madonna delle Grazie e Punizione dei dannati, affreschi Storie della Passione e Ascensione, cupola affrescata con Storie della Vergine e profeti, Chiesa di Santa Maria la Nova, Napoli
^Nella cappella è infatti datata 1593 la pala di Fabrizio Santafede, che logica di cantiere suggerirebbe eseguita in un secondo tempo. L'attribuzione al Corenzio sembra confermata dalla sua predilezione a dipingere "istoriette di picciole figure" (ivi, p. 305), espressa anche nell'attiguo Monte di Pietà, dove Belisario è documentato proprio accanto a Fabrizio Santafede. Sulla cappella si veda: Lawrence R. d'Aniello, La cappella Medici di Gragnano nella chiesa dei Santi Severino e Sossio a Napoli, in Napoli nobilissima, 5, vol. 6, fasc. 1/4, genn.-ago. 2005, pp. 21-64, SBNIT\ICCU\NAP\0525433.
^Il cantiere della certosa di San Martino si poneva in quegli anni al punto d'origine d'una nuova stagione degli edifici sacri, volta a sostituire i soffitti affrescati alla più tradizionale e consolidata prassi dei soffitti cassettonati.
Pierluigi Leone De Castris, Pittura del Cinquecento a Napoli, 1573-1606: l’ultima maniera, vol. 3, Napoli, Electa, 2001 [1991], ISBN88-510-0017-4, SBNIT\ICCU\NAP\0014086.
Felice Enrico Napolitano (consulenza storica), Il restauro degli affreschi del Tempietto di Liveri alla Immacolata Regina delle Vittorie, Santuario di Santa Maria a Parete, 2001.