Vertumno e Pomona è un dipinto a olio su tela di Anton Van Dyck datato 1625 circa e conservato a Palazzo Bianco a Genova. Raffigura la scena mitologica dell'incontro tra il dio Vertumno, travestito da anziana mendicante, e la ninfa Pomona, dea dei giardini e dei frutti.
Storia
Il dipinto è entrato a far parte delle Collezioni Civiche genovesi nel 1959, per lascito del marchese Ambrogio Doria. La sua presenza nella famiglia Doria è documentata già a partire dalla seconda metà del XVIII secolo, come testimoniato da un manoscritto dell'Archivio Storico del Comune di Genova, che menziona un'opera di "Antonio Vandich" dal titolo "Favola di Pomona" di proprietà di Giorgio Doria[1].
Si ritiene che in precedenza il dipinto facesse parte della collezione di Gaspar de Haro y Guzmán, marchese del Carpio, come suggerisce un'opera menzionata negli inventari della sua collezione redatti a Madrid nel 1689[2]. L'identificazione è avvalorata dalla descrizione dettagliata del dipinto presente anche se risulta di maggiori dimensioni. Si ipotizza che le misure indicate nell'inventario includessero anche la cornice, e che la larghezza della tela sia stata ridotta nel tempo[3].
Descrizione e stile
La tela raffigura l’episodio, tratto dalle Metamorfosi di Ovidio (XIV, 610-697)[4], in cui Vertumno riesce a sedurre la Pomona, dedita unicamente alla cura del suo giardino e restìa qualsiasi corteggiatore. Il dio delle stagioni, con la sua capacità di trasformarsi, assume le sembianze di un'anziana che con parole gentili la persuade dell'amore che prova per lei[5]. Il dipinto è caratterizzato da un evidente influsso della pittura veneziana, riconoscibile sia nell'utilizzo di colori vivaci e contrastanti sia nella composizione che riprende alcune opere di Tiziano, in particolare le diverse versioni della Danae, che Van Dyck poté vedere sia nella collezione Farnese, sia nella collezione di Gio. Carlo Doria a Genova[6]. La critica si divide nell'attribuire la natura morta nell'angolo in basso a Jan Roos[7][8] che collaborò con Van Dyck durante il suo soggiorno genovese[9].
Note
^ Maurizia Migliorini, Note sul collezionismo genovese da un manoscritto settecentesco e aggiornamenti su dipinti di Van Dyck a Genova, in Università di Genova. Istituto di storia dell'arte (a cura di), Studi di storia delle arti (1997-1999), collana Athenaeum, vol. 9, De Ferrari, 2000, pp. 21 -220.
^ Marcus B. Burke, Peter Cherry e Maria L. Gilbert, Collections of paintings in Madrid, 1601-1755, collana Documents for the history of collecting, Provenance Index of the Getty Information Institute, 1997, p. 837 n. 125, ISBN978-0-89236-496-1.
^ Piero Boccardo, Viceré e finanzieri: mercato artistico e collezioni tra Madrid e Genova (secoli XVII-XVIII), in Genova e la Spagna: opere, artisti, committenti e collezionisti, Silvana, 2002, p. p. 232 e nota 50, ISBN978-88-8215-516-2.
^ H. Vey, Eine Satyrszene von Van Dyck, in Pantheon, 20, 1962, pp. 162-164.
^Vertumno e Pomona, su Musei di Genova. URL consultato il 30 aprile 2024.
^ Anton van Palazzo della Meridiana, Van Dyck e i suoi amici: Fiamminghi a Genova 1600-1640 (catalogo della mostra, a cura di Anna Orlando, Genova, Sagep editori, 2018, p. cat .I.8, ISBN978-88-6373-535-2.
^ Antonio Morassi (a cura di), Mostra della Pittura del Seicento e del Settecento in Liguria, Genova, 1947.
^ Anna Orlando, Il ruolo di Jan Roos. Un fiammingo nella Genova del primo Seicento, in Nuovi studi. Rivista di arte antica e moderna, n. 2, 1996, pp. 35-37 nota 61.
Susan J. Barnes, Piero Boccardo, Clario Di Fabio e Laura Tagliaferro (a cura di), Van Dyck a Genova. Grande pittura e collezionismo, Milano, Electa, 1997, ISBN8843559907.
Anna Maria Bava e Maria Grazia Bernardini (a cura di), Van Dyck. Pittore di corte, Torino, Arthemisia, 2018, pp. 230-231, ISBN9788885773363.