Il palazzo venne qui costruito per volontà della famiglia Bonomo, sul finire del XVI secolo.
Nel 1648, una parte dell'edificio venne acquistata da Maffeo II Albrizzi[1]. Nel 1667 gli Albrizzi vennero ammessi al Patriziato veneziano e nel 1692 l'intero palazzo divenne proprietà dei figli di Maffeo: Giovan Battista, Antonio, Giuseppe e Alessandro[1].
Tipica dimora signorile cinquecentesca, il palazzo si è conservato particolarmente bene nelle sue caratteristiche architettoniche originarie, arrivando a essere ancora oggi la casa della nobile famiglia veneziana degli Albrizzi.
Architettura
Palazzo Albrizzi si articola su tre livelli, con mezzanino e ammezzato nel sottotetto. Presenta due facciate principali, una su Campiello Albrizzi e una sul rio. Entrambe sono caratterizzate centralmente ai due piani nobili da serliane sovrapposte e da quattro monofore per piano in cornice lapidea. Due coppie di comignoli di grandi dimensioni, con funzione decorativa affine a quella delle guglie, caratterizzano le estremità delle due facciate.
All'interno si conservano fastosi lavori a stucco di Abbondio Stazio e del suo discepolo Carpoforo Mazzetti Tencalla, che li eseguirono fra il 1699 e il 1710. Ai soffitti sono un ciclo di affreschi profani opera del 1701-02 di Giovanni Antonio Pellegrini[2]. Inoltre vi conservano dipinti seicenteschi fra i quali un'Annunciazione di Pietro Liberi.
Casa Albrizzi conserva un importante archivio storico di cui fanno parte anche atti relativi ai possedimenti tirolesi della famiglia, in specie quelli relativi a Castel d'Enna in val d'Adige.[3]
Il palazzo ha un grande giardino privato ristrutturato alla fine degli anni '80 dall'architetto paesaggista statunitense Bruce Kelly[4]: si trova sulla sponda opposta del rio su cui guarda la facciata ed è collegato alla residenza direttamente da un ponte riservato ai proprietari.
Originari della Lombardia, si trasferirono a Venezia ove esercitarono come mercanti e avvocati. Misero a disposizione della Serenissima la loro flotta durante le guerre contro i Turchi e acquisirono gradualmente prestigio e ricchezza, tanto che il 31 maggio 1667 vennero ammessi al Patriziato veneziano e al Maggior Consiglio, al quale fornirono otto senatori e due Procuratori di San Marco.