La televisione è il media più seguito (nel 2005 il 90% della popolazione giapponese vedeva la televisione ogni giorno per almeno tre ore e mezzo[1]), davanti ai quotidiani (86%), ai cellulari (73%) e a Internet (27%).[2]
La maggioranza delle reti televisive furono costituite sulla base di investimenti di capitale da parte delle reti radiofoniche esistenti. Gli spettacoli di varietà, le serie drammatiche e i notiziari costituiscono una grande percentuale degli spettacoli serali giapponesi. La cultura dei telefoni cellulari riveste un ruolo fondamentale nella cultura di massa del paese, e nel 2016 il numero di telefonini in uso raggiungeva la cifra di 173 milioni. Anche Internet occupa una fetta importante del panorama mediatico nipponico, e nel 2016 il 91% dei giapponesi (115 milioni di persone) risultava connesso alla rete. Cinema, riviste e giornali completano il quadro; nel 2014 due dei maggiori quotidiani giapponesi risultavano ai primi posti al mondo in termini di diffusione.
La radio in Giappone debuttò nel 1925 quando tre stazioni locali di Tokyo, Nagoya e Osaka, antesignane della compagnia pubblica Nippon Hōsō Kyōkai (NHK), ricevettero il nullaosta dal governo per poter dare via alle prime trasmissioni.[3]
Durante la seconda guerra mondiale i programmi radiofonici finirono per riflettere le politiche militaristiche del governo giapponese e per tutta a durata del conflitto la radio fu un'importante arma di propaganda dello Stato.[4] Con la riforma del sistema radiotelevisivo del 1950 la NHK divenne una società indipendente sostenuta dal canone pagato dagli ascoltatori e contemporaneamente venne liberalizzato il mercato delle trasmissioni a carattere commerciale.[5] Nacquero così i primi network privati come Japan Radio Network, National Radio Network, Japan FM Network e Japan FM League.
Con l'avvento della televisione il medium radiofonico perse man mano il ruolo di principale fonte di intrattenimento e informazione per i giapponesi, e oggi solo una minima parte della popolazione ascolta la radio frequentemente.[6]
In Giappone la televisione debuttò il 1º febbraio 1953,[7] quando la NHK, la società concessionaria in esclusiva del servizio pubblico radiotelevisivo, diede il via alle trasmissioni regolari seguita da lì a poco dalle prime emittenti private commerciali.[8] I primi test di trasmissione furono condotti tuttavia già nel 1926,[9] mentre il primo segnale sperimentale fu emesso nel 1939.[10] A causa dello scoppio della seconda guerra mondiale questi primi tentativi di trasmissione furono portati avanti tuttavia solo per pochi mesi.
La televisione a colori fu introdotta nel 1960[11] e durante gli anni del boom economico essa rimpiazzò la radio come principale fonte di intrattenimento e informazione per i giapponesi.[12] Anche in età contemporanea la televisione rappresenta il media più seguito, nonostante la prorompente ascesa di Internet.
In Giappone vi sono 6 reti televisive nazionali:
La NHK è l'azienda che gestisce il servizio pubblico radiotelevisivo. La società è finanziata dal pagamento di un canone televisivo annuale, un sistema simile a quello utilizzato nel Regno Unito e in Italia per sovvenzionare rispettivamente la BBC e la Rai. La NHK offre deliberatamente servizi giornalistici neutrali come emittente pubblica, rifiutando perfino di nominare i marchi di prodotti.[13] La NHK ha 2 canali televisivi terrestri, diversamente dalle altre reti televisive; nella regione di Tokyo, sono il canale 1 (NHK General TV) e il canale 3 (NHK Educational TV).
Yomiuri Shinbun (読売新聞). Da conservatore a neutrale. Primo classificato per diffusione giornaliera con circa 10 milioni di copie al giorno. Lo Yomiuri concluse un contratto speciale con The Times. Affiliato alla Nippon Television
Asahi Shinbun (朝日新聞). Fortemente progressista di sinistra. Secondo classificato per diffusione giornaliera con circa 7 milioni di copie al giorno. Noto per i toni anti-americani e pro-cinesi. Affiliato alla TV Asahi.
Nikkei Shinbun (日本経済新聞). Giornale economico nello stile di The Wall Street Journal, Conservatore con tendenze più di centro-destra. Quarto classificato per diffusione giornaliera con circa 3 milioni di copie al giorno. Affiliato alla TV Tokyo.
Sankei Shinbun (産経新聞). Giornale di destra, pro-americano e anti-cinese. Sesto classificato per diffusione giornaliera con circa 2 milioni di copie al giorno. Affiliato alla Fuji Television.
Giornali regionali
Il Tokyo Shimbun (東京新聞) nel Kantō e il Chunichi Shimbun (中日新聞) nel Chūbu sono entrambi di proprietà della società Chunichi e hanno una diffusione cumulativa che li pone al quarto posto su scala nazionale. Altri quotidiani regionali noti su scala nazionale includono il Nishinippon Shinbun (西日本新聞) nel Kyūshū, l'Hokkaidō Shinbun (北海道新聞) nell'Hokkaidō, il Kahoku Shinpo (河北新報) nel Tōhoku.
Giornali specializzati
Tra i giornali di nicchia vi sono pubblicazioni come il diffusissimo Nikkan Kogyo Shinbun (noto anche con il nome inglese di The Business and Technology Daily News, "Notiziario quotidiano di affari e tecnologia"), il quotidiano Seikyo Shinbun (聖教新聞?) dell'organizzazione buddhista Sōka Gakkai e lo Shinbun Akahata, l'organo quotidiano del Partito comunista giapponese. Altre pubblicazioni di nicchia includono giornali dedicati interamente ai pronostici delle corse di cavalli. Uno dei giornali più noti nel settore è il Keiba Book (競馬ブック?). Lo Shūkan Go (週刊碁?) è un settimanale che copre i risultati dei tornei professionali di go e contiene suggerimenti sulla strategia del gioco.
Come in altri paesi, i sondaggi tendono a mostrare che il numero degli abbonati ai giornali è in declino, una tendenza che ci aspetta continui in futuro.
Orientamento dei giornali giapponesi
Accuse di orientamenti preconcetti nei giornali giapponesi e in generale nei mezzi di comunicazione tradizionali si vedono spesso sui blog e sui forum di Internet con tendenze di destra e di sinistra, dove i mass media o "mezzi di massa" (masu-komi in giapponese) sono indicati spesso come "spazzatura di massa" (masu-gomi). Cartelli con questo epiteto furono esposti dai dimostranti a Tokyo il 24 ottobre 2010, in quella che fu, stando a quanto si dice, la prima dimostrazione in Giappone a essere organizzata su Twitter.[16] Tra il grande pubblico, la credibilità della stampa soffrì dopo la crisi della centrale nucleare di Fukushima Dai-ichi, quando i cronisti omisero di fare pressioni sulle fonti del governo e dell'industria per ottenere maggiori informazioni sull'accaduto, e i rapporti ufficiali si rivelarono inaccurati o semplicemente sbagliati.[17]Kazuo Hizumi, un giornalista divenuto avvocato, espone in dettaglio i problemi strutturali nel suo libro, Masukomi wa naze masugomi to yobareru no ka? (Perché i mass media sono chiamati spazzatura di massa?), che sostiene che una complessa rete di istituzioni, come i burocrati di élite, la magistratura, il sistema educativo, le forze dell'ordine e le grandi società, tutte le quali traggono vantaggio dal mantenere lo status quo, plasma i mezzi e la comunicazione di massa in un modo che controlla la politica giapponese e scoraggia il pensiero critico.[18]
Le stazioni principali realizzano telegiornali e programmi di intrattenimento, e li vendono all'ingrosso alle emittenti locali attraverso le reti. Sebbene anche le emittenti locali realizzino programmi, l'uso delle stazioni principali è molto ampio, e il 55,7% delle vendite totali di programmi televisivi nell'anno fiscale 2002 (da aprile 2002 a marzo 2003) avvenne attraverso le stazioni principali. Inoltre, le reti sono strettamente collegate alle società editrici dei giornali, ed influenzano molto fortemente i media. Per questa ragione, sono spesso criticate.[19]
La diffusione delle trasmissioni via satellite e la distribuzione via Internet da parte delle sussidiarie delle stazioni principali negli ultimi anni ha tuttavia cambiato leggermente la definizione di stazione principale.
Profilo
In Giappone, ogni società emittente (eccetto la NHK e la Radio Nikkei) che effettua trasmissioni televisive terrestri ha una zona prestabilita per la trasmissione. Nell'articolo 2 della legge giapponese sulla radiodiffusione, il Ministero degli affari interni e delle comunicazioni definisce la zona fissa dove è simultaneamente ricevibile la trasmissione dello stesso programma per ogni tipologia di trasmissione. Quindi, la società emittente costruisce una rete con altre zone, e con queste stabilisce lo scambio di telegiornali o programmi. Le società emittenti che inviano molti programmi a queste reti sono chiamate stazioni principali.
Attualmente le emittenti ubicate a Tokyo inviano i programmi in tutto il paese. Fa eccezione la Tokyo MX che, sebbene sia nella regione di Tokyo, è solo una stazione indipendente in UHF.
Le emittenti a Nagoya e nelle altre aree sono più vecchie di quelle di Tokyo. Tuttavia, al fine di coprire i notevoli costi della realizzazione dei programmi le stazioni principali furono istituite a Tokyo con l'obiettivo di vendere i programmi su scala nazionale. Alcune stazioni locali hanno un tasso di profitto più alto dal momento che possono semplicemente comprare programmi dalle reti.
Dal momento che le emittenti che hanno le sedi principali nella regione di Kansai (specialmente a Osaka) hanno una struttura per la fornitura di programmi in prima serata ecc. e mandavano molti programmi dopo le kī kyoku, sono chiamate jun kī kyoku (準キー局? "sottostazioni principali").
Dentsu (電通). La più grande agenzia pubblicitaria del Giappone e la quarta più grande a livello mondiale. La Dentsu ha un'enorme presenza nella televisione e negli altri media.
Hakuhodo (博報堂). La seconda più grande agenzia pubblicitaria del Giappone.
Asatsu-DK (アサツー ディ・ケイ). La terza più grande agenzia pubblicitaria del Giappone.
^(EN) Regular Radio Broadcasting Begins, in The Evolution of TV. A Brief History of TV Technology in Japan, NHK, p. 6. URL consultato il 3 luglio 2017 (archiviato dall'url originale il 13 marzo 2017).
^(EN) Establishment of Nippon Hoso Kyokai: 1926, in The Evolution of TV. A Brief History of TV Technology in Japan, NHK. URL consultato il 15 aprile 2016 (archiviato dall'url originale l'8 giugno 2002).
^(EN) Regular Color TV Broadcasts, Tokyo Olympic Games, in The Evolution of TV. A Brief History of TV Technology in Japan, NHK, p. 10. URL consultato il 17 aprile 2016 (archiviato dall'url originale il 26 maggio 2016).
^(EN) TV Broadcasting Begins, in The Evolution of TV. A Brief History of TV Technology in Japan, NHK, p. 9. URL consultato il 17 aprile 2016 (archiviato dall'url originale il 26 maggio 2016).