Maratha è situata nella bassa pianura della Messaria, tre chilometri a ovest del villaggio di Santalaris.[2]
Origini del nome
L'origine del nome del villaggio non è chiara, ma probabilmente esso deriva dal greco maratho, cioè "finocchio selvatico".[2] I turco-ciprioti sostengono invece che derivi da "Murat Ağa", (o "Murat Agha") cioè un grande proprietario terriero.[2] È possibile che il toponimo Maratha sia esistito molto prima della conquista ottomana di Cipro.[2] Nel 1958, i turco-ciprioti ribattezzarono il villaggio Muratağa.[2]
Storia
Il villaggio è menzionato già all'inizio del XIII secolo in documenti papali.[3]
Nel 1974 fu trovata qui una fossa comune contenente i corpi di più di 80 uomini, donne e bambini turco-ciprioti assassinati. Questi appartenevano alle persone che furono massacrate dai guerriglieri greco-ciprioti dell'EOKA-B nel massacro di Maratha, Santalaris e Aloda durante la seconda fase dell'invasione turca di Cipro.[4]
Nel 1981, Maratha, Sandalaris e Aloda furono uniti sotto un'unica amministrazione chiamata Şehitler, o "martiri".
Società
Evoluzione demografica
Maratha è sempre stata esclusivamente un villaggio turco-cipriota.[2] Durante i primi decenni del periodo britannico, la popolazione del villaggio passò da 39 abitanti nel 1891 a 56 nel 1921. Nel 1931 la popolazione scese a 43 abitanti, per aumentare nuovamente negli anni '50 con l'arrivo dei turco-ciprioti sfollati dal vicino villaggio di Peristerona Pigi.[2]
Il censimento del 1960 censì 113 abitanti, con un aumento da 39 rispetto al 1946.[2]
Nessuno abitante originario di Maratha fu sfollato durante i disordini del 1960 o la guerra del 1974.[2] Tuttavia, nel luglio 1974, tutti i maschi in età da combattimento del villaggio furono prima internati nei campi di prigionia di Famagosta, e poi trasferiti a Limassol e internati per diversi mesi.[2] Mentre loro erano assenti, il 14 agosto, tutte le donne, i bambini e gli anziani del villaggio furono uccisi da estremisti greco-ciprioti.[2]
Attualmente il villaggio è abitato principalmente dai sopravvissuti del massacro.[2]
^abcdefghijklMaratha, su prio-cyprus-displacement.net. URL consultato il 28 settembre 2018 (archiviato dall'url originale il 28 settembre 2018).
^(EN) Tasos Papacostas, Byzantine Nicosia: 650-1191, in D. Michaelides (a cura di), Historic Nicosia, Nicosia, Rimal Publications, 2012, p. 87.
^Paul Sant Cassia, Bodies of Evidence: Burial, Memory, and the Recovery of Missing Persons in Cyprus, Berghahn Books, 2007, ISBN 978-1-84545-228-5, p. 237.