Indigofera tinctoria L., 1753 è un arbusto della famiglia delle Fabacee (o Leguminose)[1].
Dalla fermentazione delle sue foglie si ottiene l'indaco, colorante di origine vegetale.
Storia
La storia di questa pianta risulta essere molto antica; già nel 2000 a.C. gli Egizi e i popoli dell'Asia iniziarono ad utilizzarla per tingere gli indumenti.[2]
Gli anni passavano e gli uomini cominciavano anche a scoprire utilizzi differenti. Nel Medioevo, infatti, questo pigmento veniva utilizzato dagli Europei nel campo della cosmetica, della medicina e dell'arte.
Il commercio di questa pianta risultava molto propizio per gli Asiatici fino allo sbarco di Vasco da Gama a Calicut. Da quel momento in poi gli Europei poterono importarla senza necessariamente intermediare con i mercati asiatici a prezzi più convenienti[2]; eppure la sua produzione continuò anche sotto il dominio inglese dell'India[3].
Distribuzione e habitat
Indigofera tinctoria è una pianta che ben si adatta ai vari climi tropicali, cresce spontaneamente in Africa, in Oceania e in gran parte del Sud-est asiatico. È inoltre stata introdotta artificialmente in altre parti dell'Asia e nei Caraibi, creando un impatto ambientale a causa dell'abbondante riproduzione di questa al di fuori delle coltivazioni.[4]
Principi attivi
All'interno delle foglie di Indigofera tinctoria sono state isolate varie sostanze chimiche come flavonoidi, terpenoidi, alcaloidi e tannini[5].
La sostanza presente nella pianta e più utile a creare il pigmento finale è però l'indicano, un glicoside che idrolizza in indossile e glucosio per azione di enzimi vegetali e soluzioni chimiche; l'indossile per azione dell'ossigeno atmosferico si trasforma quindi in indigotina (o indaco), la cui struttura contiene due gruppi indolici.[6]
È stata inoltre estratta una sostanza, l'indirubina, che ha dimostrato una blanda azione antitumorale[7] ed è colorata di rosso.
Usi
Oltre a fornire l'indaco, l'Indigofera tinctoria sembra avere diversi effetti curativi[8][9] e viene utilizzata in alcune tinte per capelli.
Estrazione
L'Indigofera non contiene direttamente il pigmento, motivo per cui deve essere ricavato per mezzo di un lungo e complesso procedimento.
Il procedimento comprende 4 fasi[10]:
- Fermentazione delle foglie e dei fusti in una soluzione basica riducente (da cui l'ossigeno deve essere rimosso) per ottenere la cosiddetta forma "leuco".
- Ossidazione dell'indossile ottenuto dalla fase precedente tramite esposizione all'aria. Da questo processo si otterrà l'indaco, pigmento insolubile in acqua.
- L'indaco si deposita quindi sul fondo del recipiente utilizzato.
- Viene riscaldato l'indaco per far evaporare completamente l'acqua.
Note
- ^ (EN) Indigofera tinctoria, su Plants of the World Online, Royal Botanic Gardens, Kew. URL consultato l'8 maggio 2023.
- ^ a b History of Indigo | Wild Colours natural dyes, su wildcolours.co.uk. URL consultato il 21 agosto 2017.
- ^ Professor Prakash Kumar, Indigo Plantations and Science in Colonial India,, 1107023254, 9781107023253 Cambridge University Press 2012
- ^ Indigofera tinctoria (true indigo), su cabi.org. URL consultato il 21 agosto 2017.
- ^ S.M. Verma e K.B. Suresh, Phytochemical investivations of Indigofera tinctoria L. leaves, in Ancient Science of Life, vol. 21, n. 4, 2002, pp. 235–239. URL consultato il 21 agosto 2017.
- ^ Indaco, su notedichimica.altervista.org. URL consultato il 21 agosto 2017.
- ^ (EN) Pubchem, Indirubin, su pubchem.ncbi.nlm.nih.gov. URL consultato il 21 agosto 2017.
- ^ Indigofera tinctoria - Useful Tropical Plants, su tropical.theferns.info. URL consultato il 21 agosto 2017.
- ^ INDIGOFERA TINCTORIA L., su mpbd.info. URL consultato il 21 agosto 2017 (archiviato dall'url originale il 17 novembre 2017).
- ^ Chemistry of Indigo | Wild Colours natural dyes, su wildcolours.co.uk. URL consultato il 21 agosto 2017.
Bibliografia
- Manuale di fitoterapia, Inverni & Della Beffa, Milano, 1985
Voci correlate
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