L'Illuminazionismo (in persianoحكمت اشراق hekmat-e eshrāq; in araboحكمة الإشراق?ḥikmat al-ishrāq; entrambi significano "Saggezza della luce nascente"), noto anche come Ishrāqiyyun o semplicemente Ishrāqi (in persianoاشراق, in araboالإشراق?; lett. "sorgere", "splendore della luce che sorge") è una scuola di pensiero filosofica e mistica introdotta da Sohravardi nel dodicesimo secolo con il suo Kitab Hikmat al-Ishraq (lett: "Libro della saggezza dell'illuminazione"), un testo fondamentale terminato nel 1186. Il titolo onorifico di Sohravardi è Shaikh al-ʿIshraq o Shaikh-i-Ishraq, che significano entrambi "Maestro dell'Illuminazione".
Scritto con l'influenza dell'avicennismo, del peripatetismo e del neoplatonismo, la filosofia è tuttavia distinta come una componente nuova e olistica alla storia della filosofia islamica.
Nel 1258 l'assedio ilkhanato-mongolo e la distruzione della Casa della Saggezza segnarono la fine dell'età dell'oro islamica, aprendo la strada a nuove idee filosofiche.[1] Un esempio di questo tipo fu l'opera del filosofo Abu'l-Barakāt al-Baghdādī, in particolare il suo Kitāb al-Muʿtabar ("Il libro di ciò che è stato stabilito dalla riflessione personale"). La filosofia di Sohravardi fu influenzata dalla resipiscenza neoplatonica dell'uso della luce come metafora di fenomeni quali l'ispirazione, dall'enfasi sull'"evidente autoriflessione" e dalle sfide del libro alla norma aristotelica all'interno della filosofia islamica.[2]
Il filosofo e logico persiano Zayn al-Din Omar Savaji spirٍ ulteriormente Suhrawardi con i suoi lavori fondamentali sulla matematica e la sua creatività nel ricostruire l'Organon. La logica in due parti di Savaji basata su "proposizioni espositive" (al-aqwāl al-šāreḥa) e "teoria della prova" (ḥojaj) servì da modello precursore delle "Regole del pensiero" di Sohravardi (al-Żawābeṭ al-fekr).[3] Al-Baghdādī e Savaji sono due dei tre filosofi islamici citati nell'opera di Sohravardi.
Dopo aver terminato il suo Kitab Hikmat al-Ishraq (lett: "Libro della saggezza dell'illuminazione"), il filosofo persiano[4][5][6][7] Shahab al-Din Suhrawardi fondò la scuola illuminazionista nel 1186. La scuola attinse alle antiche discipline filosofiche iraniche[8][9], all'avicennismo islamico, al pensiero neoplatonico (filtrato da Ibn Sina, ovvero Avicenna) e alle idee originali di Sohravardi.
Concetti chiave
Nella sua Filosofia dell'Illuminazione, Sohravardi sostenne che la luce opera a tutti i livelli e le gerarchie della realtà (PI, 97.7–98.11). a luce produce luci immateriali e sostanziali, inclusi intelletti immateriali (angeli), anime umane e animali e persino "sostanze oscure", come i corpi.[10]
La metafisica di Sohravardi si basa su due principi. La prima è una forma del principio di ragion sufficiente. Il secondo principio è l'impossibilità aristotelica dell'infinito attuale.[11]
Ishraq
Il significato essenziale della parola ishrāq (persiano اشراق, arabo : الإشراق) è "sorgere", con un riferimento specifico all'alba , sebbene "illuminazione" sia la traduzione più comune. È stato usato nei testi filosofici sia arabi che persiani per rappresentare la relazione tra il “soggetto che apprende” (al-mawżuʿ al-modrek) e l'“oggetto percepibile” (al-modrak); al di là del discorso filosofico, è un termine usato nella discussione comune. Sohravardi adottٍa l'ordinarietà della parola per comprendere tutto quel che è mistico insieme a una serie di diversi tipi di conoscenza, incluso l'elhām, che significa ispirazione personale.[1]
Eredità
Nessuna delle opere di Sohravardi fu tradotta in latino, quindi questo concetto è rimasto sconosciuto nell'Occidente latino, sebbene il suo lavoro abbia continuato a essere studiato nell'Oriente islamico.[12] Secondo Hossein Nasr, rimase sconosciuto in Occidente fino a quando non fu tradotto nelle lingue occidentali da pensatori contemporanei come Henry Corbin, e rimane in gran parte sconosciuto anche nei Paesi del mondo islamico.[13]
Sohravardi provò a presentare una nuova prospettiva su questioni come quelle dell'esistenza. Non solo indusse i filosofi peripatetici a confrontarsi con tali nuove domande, ma anche diede nuova vita al corpo della filosofia dopo Avicenna.[14] Secondo John Walbridge, le critiche alla filosofia peripatetica potrebbero essere considerate un importante punto di svolta per i suoi successori. Sohravardi fece una distinzione tra due approcci nella filosofia dell'illuminazione: un approccio è discorsivo e un altro è intuitivo.[15]
Sebbene Sohravardi sia stato inizialmente un pioniere della filosofia peripatetica, successivamente divenne un platonico in seguito a un'esperienza mistica. A lui è attribuito il merito di aver fatto rivivere in Persia la sapienza degli antichi con la sua filosofia dell'illuminazione. I suoi seguaci, come Shahrzouri e Qotb al-Din Shirazi, cercarono di proseguire sul sentiero tracciato dal loro maestro.
I pensatori illuminazionisti della Scuola di Isfahan giocarono un ruolo significativo nel rivitalizzare la vita accademica nell'Impero Safavide[16] sotto Abbās I il Grande (1588-1629). Il pensiero avicenniano continuò a informare la filosofia durante il regno dell'Impero Safavide[17] durante il quale l'illuminazionismo fu insegnato nelle madrase (Luogo di Studio) stabilite da devoti scià.[18]
^John Walbridge, The leaven of the ancients: Suhrawardī and the heritage of the Greeks, State University of New York Press, 1999.
^Seyyed Hossein Nasr, The need for a sacred science, SUNY Press, 1993. p. 158
^Matthew Kapstein, University of Chicago Press, 2004, The presence of light: divine radiance and religious experience, University of Chicago Press, 2004. p. 285
^Hossein Ziai in: Encyclopaedia Iranica. Volumes XII & XIII. 2004.
^Henry Corbin. The Voyage and the Messenger. Iran and Philosophy. Containing previous unpublished articles and lectures from 1948 to 1976. North Atlantic Books. Berkeley, California. 1998. ISBN 1-55643-269-0.
^Henry Corbin. The Man of Light in Iranian Sufism. Omega Publications, New York. 1994. ISBN 0-930872-48-7.
^Nasr, 2006, p. 86, Islamic philosophy from its origin to the present
^ John Walbridge, Suhrawardī and Illuminationism, in Adamson e Taylor (a cura di), The Cambridge Companion to Arabic Philosophy, Cambridge University Press, 2004, pp. 201–223, ISBN9780511999864.