Il termine guitto, genericamente, definisce la condizione di chi vive in maniera misera e sporca. Nel gergo teatrale veniva adoperata un tempo (oggi molto meno) per definire in senso abbastanza dispregiativo un attore di basso livello e poco preparato la cui recitazione era comunque considerata "sopra" se non, talvolta, "fuori le righe".
In tempi più recenti questa figura artistica è stata rivalutata, grazie anche ad attori che, ispirandosi alla tecnica recitativa dei guitti di un tempo, ricca di sfumature e improvvisazioni, quindi un po' naïf (ma neppure troppo, come si vedrà), hanno restituito nuovo lustro a questa figura.
Così oggi il guitto non è considerato un attore di categoria inferiore; anzi, tutt'altro. Basti pensare che, se fatta derivare dall'antica Commedia dell'arte (che ha generato una serie infinita di macchiette regionali e che ha un capostipite nelle burle di Arlecchino), la figura ne esce inevitabilmente nobilitata diventando addirittura un modello di recitazione seguito e apprezzato (e i moderni comici di cabaret ne sono una testimonianza neppure troppo indiretta).