Nei giorni precedenti al 23 maggio 1915, data della dichiarazione di guerra da parte dell'Italia, i comandi militari austriaci e il Ministero dell'interno fecero scattare il piano di evacuazione del Trentino e del Litorale austriaco, predisposto già da mesi. Per quanto riguarda il Litorale, le aree da sgomberare erano quelle lungo la linea di difesa dell'Isonzo e del Carso, e la zona di Pola, piazzaforte della marina asburgica.[1]
Il piano prevedeva inizialmente l'evacuazione di 40.000 persone dal Trentino (di cui 10.000 di lingua tedesca[2]) e di 30.000 dal Litorale austriaco (5.000 del gruppo tedesco e 25.000 tra gli appartenenti ai gruppi italiani, sloveni e croati), di cui 18.000 da Pola e 12.000 da Trieste e dall'Isontino.[3] Nel corso del conflitto il numero aumentò fino a raggiungere le 230.000 unità. Le fonti concordano nell'indicare in 70.000 il numero degli sfollati trentini nel corso della Grande Guerra.[4][5] Qui ci soffermeremo sugli spostamenti di popolazioni dal Litorale, in particolare dalle città di Pola, Gorizia e Trieste.
Oltre alle evacuazioni, le autorità austriache predisposero anche l'arresto, l'internamento o il rimpatrio di regnicoli o cittadini austriaci ritenuti sospetti per le loro posizioni irredentiste o comunque filoitaliane.[19] Per quanto riguarda il Litorale, nella primavera del 1915 i regnicoli internati o confinati furono almeno 5.000, quelli rimpatriati almeno 10.000.[20] I cittadini austriaci di nazionalità italiana internati o confinati furono poco meno di 1.000.[21][22]
Non meno importante fu il flusso di sfollati verso l'Italia, che interessò soprattutto le zone di operazioni militari del Collio, di Gradisca e di Monfalcone. Circa 50.000 profughi del Litorale e 30.000 profughi del Trentino furono sistemati in varie località della penisola. Tra questi anche circa 13.000 sloveni,[23] residenti soprattutto nella zona di Caporetto e del Collio.[24] Le autorità italiane effettuarono numerosi arresti tra gli sfollati, soprattutto tra il clero e gli insegnanti, considerati come possibili nemici dell'Italia[25][26] e avviarono all'internamento o al confino circa 4.000 persone, in gran parte in Sardegna.[27]
Complessivamente durante la Grande Guerra furono dislocati nelle province continentali dell'Impero austro-ungarico quasi 230.000 civili provenienti dalle zone a ridosso del fronte italiano. Circa 70.000 erano italiani del Trentino, 80.000 erano italiani dell'Isontino e dell'Istria, 65.000 erano sloveni dell'Isontino e del Carso, 10.000 erano croati dell'Istria e 5.000 erano indicati genericamente come "sloveni o croati". Diverse decine di migliaia di questi furono collocate - per periodi di tempo che potevano andare da pochi mesi fino all'intera durata della guerra - in campi come quelli di Wagna, Pottendorf, Steinklamm, Bruck a.d. Leitha ecc.[28] I dati ricavati dai registri dei profughi che ricevevano l'assistenza statale fotografano la seguente situazione al 1 gennaio 1918:[29]
Nel leggere questi dati, bisogna tener conto che nel gennaio 1918 molti profughi avevano già abbandonato i campi per tornare ai loro paesi, oppure avevano trovato sistemazione nelle località prossime ai campi. In particolare, il campo di Wagna raggiunse due picchi di popolazione, rispettivamente nell'autunno del 1915 (quando al suo interno si trovavano 21.000 profughi italiani provenienti dall'istria e dall'isontino) e nell'autunno del 1916, quando al suo interno si trovavano poco più di 18.000 profughi, di cui circa 17.000 italiani (provenienti dall'Istria e dall'Isontino) e 1.600 sloveni (provenienti da Gorizia).[30][31] A causa delle frequesti epidemie di tifo e colera, favorite dal sovraffollamento e dalla sottoalimentazione, nei vari campi profughi sopra elencati si registrò un alto tasso di mortalità, soprattutto tra i vecchi e i bambini.[32] Va infine ricordato che furono complessivamente circa mezzo milione i profughi e gli sfollati (italiani, sloveni, croati, rumeni, ucraini, polacchi, ecc.) all'interno dell'Impero austroungarico.[29]