L'Europa nel 1942, al momento della massima espansione militare nazista un'area di circa 4.621.135,64 km².
Con Europa occupata dai tedeschi si intende il territorio complessivo che, negli anni dal 1939 al 1945, fu occupato dalle forze militari dell'Asse completamente o parzialmente, o posto sotto controllo grazie a dei governi fantoccio, o anche amministrato direttamente dal regime nazista sotto la dittatura di Adolf Hitler.[1]
La Wehrmacht tedesca occupò il territorio europeo:
fino all'estremo oriente della città di Mozdok, nel Caucaso settentrionale (1942-1943);
fino all'insediamento di Barentsburg nelle Svalbard, nel Regno di Norvegia;
fino all'isola di Gavdos, nel Regno di Grecia;
fino all'isola di Ushant, nella Repubblica francese.
Al di fuori dell'Europa continentale, le forze tedesche controllarono più o meno efficacemente l'Egitto, la Libia e la Tunisia nel Nord Africa in diversi momenti tra il 1940 e il 1945. Gli scienziati militari tedeschi stabilirono la base della stazione meteorologica di Schatzgräber arrivando fino alla Terra di Alessandra, nella Terra di Francesco Giuseppe. Alcuni equipaggi operarono nelle stazioni meteorologiche in Nord America, in Groenlandia a Holzauge, Bassgeiger, e nella base Edelweiss. Inoltre, la flotta tedesca della Kriegsmarine operò in tutti gli oceani durante la guerra.
Diversi paesi sovrani occupati dai tedeschi inizialmente entrarono in guerra come alleati del Regno Unito[2] o dell'Unione Sovietica.[3] Alcuni furono costretti ad arrendersi prima dello scoppio della guerra come la Cecoslovacchia;[4] altri come la Polonia (invasa il 1º settembre 1939)[1] furono conquistati in battaglia e poi occupati.
In alcuni casi, i governi legittimi andarono in esilio, in altri casi i governi in esilio furono formati dai loro stessi cittadini in altri paesi alleati.[5] Alcuni paesi occupati dalla Germania nazista furono ufficialmente neutrali, altri furono ex membri delle potenze dell'Asse che subirono l'occupazione delle forze tedesche durante la guerra, come la Finlandia, la Spagna e l'Ungheria.[6][7]
Nessuno. Sebbene in Austria ci fosse una volontà popolare verso una forma di unificazione con la Germania, il cancelliere Engelbert Dollfuss e il suo successore Kurt Schuschnigg vollero mantenere almeno un certo grado di indipendenza. Dollfuss guidò un regime autoritario noto come austrofascismo, continuato da Schussnigg, imprigionando molti membri del partito nazista austriaco e del partito socialdemocratico, entrambi favorevoli all'unificazione. La violenza da parte dei membri del partito nazista austriaco, compreso l'assassinio dello stesso Dollfuss, insieme all'azione della propaganda tedesca e, infine, con le minacce di invasione da parte di Adolf Hitler, alla fine portarono Schuschnigg a dimettersi. Hitler non aspettò altro che il nazista austriaco Arthur Seyss-Inquart prestasse giuramento; ordinò alle truppe tedesche di invadere l'Austria all'alba del 12 marzo 1938: i tedeschi furono accolti da una folla festante e dall'esercito austriaco a cui precedentemente fu ordinato di non resistere.
Nessuno. In un referendum del 1935, oltre il 90% dei residenti sostenne la riunificazione con la Germania per non rimanere nel protettorato della Società delle Nazioni, della Francia e del Regno Unito o per unirsi alla Francia.