L'esilio interno fu usato per punire i dissidenti politici da vari governi greci, tra cui la dittatura di Metaxas, il governo durante la guerra civile greca e la giunta greca. Quelli presi di mira venivano in genere inviati alle isole greche più piccole.[2] Più di 100 località furono utilizzate per l'esilio in varie epoche del XX secolo.[3]
Contesto
L'esilio interno ha una lunga storia di utilizzo da parte dei governanti della Grecia e all'inizio del XX secolo era utilizzato per gli oppositori del venizelismo, come monarchici, conservatori o comunisti.[4] Durante lo scisma nazionale e dopo l'avvento di Venizelos al potere, nell'estate del 1917, molti oppositori politici (come l'ex primo ministro Spyridon Lambros) furono messi in esilio interno.[5]
L'esilio era preferito alla prigionia sulla terraferma perché le carceri continentali erano sovraffollate e l'esilio rendeva più facile controllare la corrispondenza dei prigionieri e limitare la loro influenza politica.[4] La legge Idionymon del 1929 criminalizzò le idee e le azioni sovversive, portando ad un aumento del numero di prigionieri. L'isola di Agiostrati fu utilizzata dal 1929 e non venne chiusa fino al 1974. Fino al 1943 non c'erano campi e gli esuli prendevano in affitto le case dai residenti locali.[3]
Regime di Metaxas
I campi di prigionia per dissidenti politici su isole aride furono istituiti dal regime di Metaxas (1936-1941).[4][6] Sotto Metaxas circa 1.000 furono condannati all'esilio interno, inclusi membri del Partito Comunista di Grecia, socialisti, organizzatori sindacali e altri che si opponevano al governo. La maggior parte di quelli imprigionati erano della classe operaia, ma altri erano intellettuali. I prigionieri condannati all'esilio interno erano portati su isole aride dove dovevano organizzare il proprio cibo e rifugio.[4]
Guerra civile greca
Durante e dopo la guerra civile greca (1946-1949), migliaia di combattenti di sinistra e sospetti simpatizzanti furono arrestati e imprigionati. Dopo la guerra civile, i prigionieri politici continuarono a essere detenuti per tutti gli anni '50 e '60. L'isola di Makronisos fu utilizzata dal 1947 al 1955 e divenne una sorta di "campo modello" per la giunta greca.[6] Ad Agiostrati, dove tra il 1946 e il 1947 furono inviate 5.500 persone tra donne e bambini, furono allestiti per la prima volta dei campi.[3] Ventimila furono mandati in un campo di concentramento sull'isola disabitata di Gyaros, soprannominata "Dachau del Mediterraneo".[1] I prigionieri dovettero lavorare alla costruzione della prigione, ma non appena fu completata l'isola fu chiusa nel 1952 a causa della condanna delle Nazioni Unite per le cattive condizioni in cui versava.[1] Agiostrati, designati per i prigionieri "impenitenti", rimase aperta fino al 1963, anche se il numero dei prigionieri diminuì gradualmente.[3]
Giunta greca
In seguito al colpo di stato del 21 aprile 1967, la giunta ampliò l'arresto dei dissidenti politici e l'uso delle isole carcerarie. Circa 6.000 persone furono inviate a Gyaros, oggi chiamata "Gulag greco".[6] La giunta negò che vi fossero detenuti prigionieri politici, ma la menzogna fu smascherata quando i giornalisti tedeschi di Stern noleggiarono un aereo e fotografarono l'isola dall'alto, rivelando la verità.[1] Gyaros fu chiusa nel novembre 1968 in seguito alle proteste internazionali per le sue cattive condizioni e alle critiche della Croce Rossa.[6] Agiostrati, riaperta dalla giunta e utilizzata per singoli casi, fu devastata da un terremoto del 1968[7] che distrusse gran parte del campo dove i prigionieri erano costretti a vivere.[3]
La pratica dell'esilio interno fu abolita nel 1974, durante la Metapolitefsi.[9] L'isola di Makronisos è protetta dal 1989.[10] La Grecia sta cercando di far riconoscere l'isola dall'UNESCO come Patrimonio dell'Umanità, per "preservare l'isola dell'esilio e le sue rovine rimaste come simboli della lotta contro il fascismo, e degli spiriti umani e del trionfo della democrazia contro l'oppressione e la disumanizzazione".[11]
^(EN) e Mamoulaki, Pictures of Exile, Memories of Cohabitation: Photography, Space and Social Interaction in the Island of Ikaria, in Carabott (a cura di), Camera Graeca: Photographs, Narratives, Materialities, Routledge, 9 marzo 2016, ISBN978-1-317-17005-1.; vol 2.; (EN) Maria Michou, Inhabiting the memory of political incarceration in Greece: two women's narratives from the Civil War and the Junta, in Karakatsanis (a cura di), The Politics of Culture in Turkey, Greece & Cyprus: Performing the Left Since the Sixties, Taylor & Francis, 27 marzo 2017, ISBN978-1-317-42821-3.; ; (EN) Nota Pantzou, War remnants of the Greek archipelago, in Carr (a cura di), Heritage and Memory of War: Responses from Small Islands, Routledge, 2015, ISBN978-1-317-56698-4.;
^abcde(EN) Nota Pantzou, Materialities and Traumatic Memories of a Twentieth-Century Greek Exile Island, in Archaeologies of Internment, Springer, 2011, pp. 191-205, ISBN978-1-4419-9666-4.
^abcd(EN) Margaret E. Kenna, introduction, in The Social Organization of Exile: Greek Political Detainees in the 1930s, Routledge, 2013, ISBN978-1-134-43682-8.