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Il Partito Comunista di Grecia (in greco: Κομμουνιστικό Κόμμα Ελλάδας, Kommounistiko Komma Elladas; IPA: [komunistiˈko ˈkoma eˈlaðas]), meglio conosciuto con l'acronimo di KKE (pronunciato spesso dai Greci kappa-kappa-epsilon o ku-ku-eh), è un partito politicogreco d'ispirazione marxista-leninista. Si pone come obiettivo l'abbattimento della società capitalista e l'instaurazione del comunismo. Il KKE è anti-imperialista ed euroscettico e sostiene la necessità di uscire dalla NATO, dall'Euro e dall'Unione europea, organizzazioni intese come rappresentazione degli interessi del capitalismo.
È il più vecchio partito sulla scena politica greca: infatti venne fondato il 4 novembre 1918 con la denominazione di Partito Socialista del Lavoro di Grecia[9]. Il KKE rivendica l'esperienza del socialismo attuato in Unione Sovietica fino alla guida di Stalin, considerando invece revisionista e corresponsabile del crollo dell'URSS la dirigenza sovietica da Nikita Chruščëv in poi.
Il partito venne fondato il 4 novembre 1918 con il nome di SEKE (ΣEKE: Σοσιαλιστικό Εργατικό Κόμμα Ελλάδας = Partito Socialista del Lavoro di Grecia) da Abraham Benaroya[10]. Il primo Comitato centrale era composto da N. Dimitratos, D. Ligdopoulos, M. Sideris, A. Arvanitis e S. Kokkinos. La fondazione del KKE è il risultato politico degli oltre 60 anni di lotte di piccoli gruppi anarchici, socialisti e comunisti che, seguendo l'esempio della Comune di Parigi, si proponevano come obiettivi immediati l'aumento dei salari, l'introduzione del giorno lavorativo di 8 ore in Grecia e la formazione di organizzazioni sindacali[11].
Con il suo secondo Congresso, la SEKE decise di aderire alla Terza Internazionale e prese il nome di SEKE-K (ΣEKE-K: Σοσιαλιστικό Εργατικό Κόμμα Ελλάδας-Κομμουνιστικό = Partito Socialista del Lavoro di Grecia-Comunista)[12][13]. Il nuovo comitato centrale era composto da N. e P. Dimitratos, Y. Kordatos, G. Doumas e M. Sideris.
Nel corso del terzo Congresso straordinario (1924), il SEKE-K divenne KKE e adottò il marxismo-leninismo e il centralismo democratico. La messa al bando da parte del dittatore Metaxas nel 1936 fece sì che il KKE fosse già in clandestinità quando la Grecia fu invasa dall'Italia fascista e fu così coinvolta nella seconda guerra mondiale[14]. Il Partito Comunista di Grecia fu proibito, salvo rari e brevi periodi, fino al 1974[15].
Nel corso della seconda guerra mondiale, il KKE controllava il principale movimento di resistenza, l'EAM[16] (Εθνικό Απελευθερωτικό Μέτωπο = Fronte nazionale di liberazione greco). Regioni molto vaste furono liberate nel corso della lotta e non furono più controllate dagli invasori italiani e tedeschi ma amministrate dall'EAM. Qui, nonostante l'egemonia dei comunisti, le idee socialiste non furono imposte; non vi fu né la riforma agraria né la collettivizzazione dei mezzi di produzione.
Fu invece attuata una forma di larga autonomia amministrativa, che proseguiva anche la tradizione greca fin dai tempi dell'Impero ottomano e si legava alla tradizionale sfiducia dei greci nei confronti del potere centrale. In tal modo il KKE tentava un esperimento di larga democrazia decentrata, giustificato dalle esigenze della guerra (quando il potere centrale era nelle mani dell'occupante) ma lontano dalla centralizzazione del comunismo staliniano.[17]
«Le lezioni tratte dalla vittoria antifascista sono vitali per la lotta rivoluzionaria. La fine della guerra ha portato un'ondata di trasformazioni socialiste. Tuttavia nell'Europa occidentale, Grecia inclusa, i comunisti non sono riusciti ad elaborare una strategia per trasformare la lotta per la liberazione in lotta per il potere.»
Molto importante nella resistenza al nazismo e al fascismo[20], il KKE non poteva accettare il ritorno di un regime monarchico e reazionario, appoggiato e protetto da britannici e statunitensi; tanto più se si considera che quel governo monarchico aveva trascorso tutta la guerra in esilio, lontano dall'evoluzione della realtà greca. D'altra parte gli occidentali non potevano accettare un forte partito comunista in Grecia.
Si deve anche considerare che nel corso della Conferenza di Teheran (novembre-dicembre 1943) Churchill e Stalin avevano deciso il destino della Polonia e della Grecia: l'una nel blocco filosovietico, l'altra in quello occidentale. Tutto ciò condusse ad una dura e sanguinosa guerra civile. Essa durò fino al 1949, con particolari caratteri di largo appoggio popolare (perfino da parte della Chiesa Ortodossa Greca) e di grande moderazione nell'attuazione delle riforme socialiste, come la socializzazione dei beni.
Al termine della guerra civile moltissimi comunisti greci si rifugiarono nei paesi del campo socialista per sfuggire alla repressione e alle condanne[21]. Infatti la repressione contro il KKE non si fermò con la fine della guerra civile e migliaia di militanti e quadri dirigenti furono torturati o assassinati come Nikos Beloyannis, uno dei leader del partito, che fu arrestato, torturato e giustiziato nel 1952[22][23].
«Oltre 65.000 comunisti e altri combattenti e sostenitori del Fronte o dell'Esercito di Liberazione, EAM e DSE, sono stati costretti a lasciare la Grecia e cercare rifugio nei paesi socialisti (circa 20.000 di loro sono stati privati della cittadinanza); oltre 40.000 sono stati spediti in prigionia o nei campi di concentramento come Makronnissos. Le esecuzioni dei combattenti della resistenza continuarono fino al 1955 (se ne contano almeno 5.000, tra cui quella di Nikos Belogiannis, membro dell'Ufficio Politico del KKE). La monarchia venne restaurata con un regime reazionario i cui tratti caratteristici erano la sottomissione all'imperialismo anglo-americano, la repressione della sinistra, la cattiva gestione economica, il fallimento politico e culturale.»
Durante la Dittatura dei colonnelli, il KKE si scisse in due. Alcuni militanti condannarono la violenta repressione della Primavera di Praga. Si avvicinarono dunque alla linea del cosiddetto eurocomunismo, i cui maggiori rappresentanti erano i comunisti italiani; molti militanti comunisti greci, peraltro, vivevano in esilio in Italia e avevano stretti rapporti con il PCI. Questo gruppo prese il nome di KKE dell'interno[24][25] ("ΚΚΕ εσωτερικού")
e chiamarono polemicamente KKE dell'esterno coloro che continuavano a far riferimento a Mosca.
Nel 1974, Kōnstantinos Karamanlīs legalizzò il Partito comunista greco. Esso entra a far parte ufficialmente dell'EDA (Ενιαία Δημοκρατική Αριστερά), Unione Democratica della Sinistra, che aveva già sostenuto durante la proibizione e la clandestinità. Da allora e fino al 1989 il KKE ebbe intorno al 10% dei voti nelle elezioni politiche.
Nel 1989 il KKE entrò in una larga coalizione di sinistra, la Coalizione della Sinistra, dei Movimenti e dell'Ecologia (Συνασπισμός της Αριστεράς και της Προόδου): Synaspismos che costituiva anche il tentativo di riconciliazione tra il KKE e il KKE dell'interno. Il Synaspismos entrò in un governo con il partito di destra Nea Dimokratia, pur di impedire al PASOK di Andreas Papandreou (accusato di corruzione[26]) di restare al potere. Ciò non fu accettato da molti elettori, che smisero di votare il KKE e il Synaspismos.
Dopo il 1993 i voti precipitarono intorno al 6% per poi risalire all'8% circa; con questi consensi, resta il terzo partito del Parlamento Greco.
Il KKE e l'Unione europea
Il KKE si è battuto contro l'ingresso della Grecia nella Comunità europea (ora Unione europea) ed ha anche chiamato al voto contro il Trattato di Maastricht e l'allargamento dell'Unione[27].
In occasione del 3º congresso della Sinistra europea, tenutosi a Parigi dal 3 al 5 dicembre 2010, ha espresso una posizione nettamente critica alla stessa esistenza di un partito europeo, auspicando per converso «il rafforzamento della cooperazione su un piano paritario tra partiti comunisti e operai in Europa, sulla base del marxismo-leninismo e dell'internazionalismo proletario, indipendentemente dai termini e dalle condizioni fissate dall'UE»[28]. Proprio per questo il KKE si è successivamente distaccato dalla Sinistra Europea e ha contribuito alla creazione dell'Iniziativa dei Partiti Comunisti e Operai d'Europa.
Alle elezioni anticipate del 2009, il KKE ha ottenuto oltre l'8% dei voti, confermando il trend di crescita degli ultimi anni e ottenendo 21 seggi[31].
Le amministrative del 2010
Nelle amministrative del 2010, il KKE ha ottenuto una forte affermazione, raggiungendo una media di consensi dell'11%.[32]
Con la mancata elezione dell'ex commissario europeo Stavros Dimas come Presidente della Repubblica di Grecia, cade il Governo di coalizione Nd-Pasok presieduto da Antōnīs Samaras ed il Paese torna alle elezioni anticipate a gennaio 2015.
Le elezioni sono vinte da SYRIZA che ottiene il 36% pari a 149 seggi senza però la maggioranza assoluta. Il KKE ottiene il 5,5% pari a 15 deputati e nonostante sia in calo rispetto al 6,1% delle Europee 2014 diventa quinto partito del Paese dietro a Il Fiume, partito di centrosinistra europeista alla sua prima elezione politica. Nonostante sia dato in procinto di entrare nel Governo presieduto da Alexīs Tsipras per una alleanza tra SYRIZA e KKE decide di rimanere all'opposizione mentre Tsipras formerà un esecutivo con gli indipendentisti greci di destra di ANEL.
Dopo le dimissioni di Alexīs Tsipras da Primo Ministro, il Paese si avvia ad elezioni anticipate in settembre. Il KKE consolida il suo 5,6% con 301.632 voti, risultando il quinto partito.
Le elezioni del 2019
Alle elezioni europee del Maggio 2019 il KKE mantiene due eletti nonostante un calo nei voti assoluti[38]. Gli eletti mantengono la decisioni di non aderire a nessun gruppo parlamentare[39][40].
In Italia ha avuto in passato come referente il Partito Comunista[47], che grazie all’inclusione del simbolo del corrispettivo ellenico nel proprio contrassegno ha potuto presentarsi alle elezioni europee del 2019 senza bisogno di raccogliere firme[48], salvo poi interrompervi i rapporti nel 2023, in favore del Fronte Comunista, partito anch'esso aderente all'ACE[49].
^(IT) Aldo Agosti, Luciano Marrocu, Claudio Natoli, Leonardo Rapone, Enciclopedia della sinistra europea nel XX secolo, Editori Riuniti, 2000, ISBN 9788835949169
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^(EL) Οι ρίζες του Ελληνικού Κομμουνιστικού Κινήματος - Roots of the Greek Communist Movement.
^(IT) Aldo Agosti, La Terza internazionale: storia documentaria, Volume 3, Parte 2, Editori Riuniti, 1979
^Una minoranza di destra contraria all'adesione al Comintern fondò allora il Partito Socialista di Grecia. Cfr. (EN) Julius Braunthal (a cura di), Yearbook of the International Socialist Labour Movement. Vol. I. Londra, Lincolns-Prager International Yearbook Pub. Co, 1957, p. 259.
^(EN) Marina Petrakis, The Metaxas myth: dictatorship and propaganda in Greece, London, I.B. Tauris, 2010, ISBN 9781848857810
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^(IT) Paul Hellander, Grecia continentale, EDT srl, 2008, ISBN 9788860402790
^I colori blu e bianco sono quelli della bandiera greca; la lettera delta sta per Δημοκρατία, che in greco significa sia democrazia che repubblica
^(IT) Giorgio Vaccarino, Istituto nazionale per la storia del movimento di liberazione in Italia, La Grecia tra resistenza e guerra civile, 1940-1949, Franco Angeli, 1988, ISBN 9788820426989
^(IT) Hervè Basset, Thierry Théault, Atene, Cicladi e Sporadi, p. 35, Touring Editore, 2005, ISBN 9788836531400
^(IT) Gian Piero Brunetta, Storia del cinema mondiale, Volume 3, p. 1298, Einaudi, 2000, ISBN 9788806145286
^(EN) Barbara Jelavich, Joint Committee on Eastern Europe, History of the Balkans, Twentieth century, Volume 2, Cambridge University Press, 1983., ISBN 9780521274593
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(IT) Aldo Agosti, Luciano Marrocu, Claudio Natoli, Leonardo Rapone, Enciclopedia della sinistra europea nel XX secolo, Editori Riuniti, 2000, ISBN 88-359-4916-5