Nel motu proprio, dopo aver ricordato che il suo predecessore papa Giovanni Paolo II nel 1988 aveva istituito la Pontificia Commissione Ecclesia Dei "allo scopo di facilitare la piena comunione ecclesiale" con gli aderenti del lefebvrianesimo, dopo aver ricordato che nella sua lettera apostolicaSummorum Pontificum aveva ampliato la possibilità di utilizzare il Messale romano del 1962, ed infine dopo aver ricordato come recentemente aveva tolto la scomunica ai vescovi della comunità lefebvriana per «togliere un impedimento che poteva pregiudicare l'apertura di una porta al dialogo», emana nuove disposizioni circa la composizione e l'ordinamento della suddetta commissione.
«a) Il Presidente della Commissione è il Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede.
b) La Commissione ha una propria tabella organica composta dal Segretario e da Officiali.
c) Sarà compito del Presidente, coadiuvato dal Segretario, sottoporre i principali casi e le questioni di carattere dottrinale allo studio e al discernimento delle istanze ordinarie della Congregazione per la Dottrina della Fede, nonché sottometterne le risultanze alle superiori disposizioni del Sommo Pontefice.»
(Dal Motu ProprioEcclesiae Unitatem 6)
Queste modifiche, che «collegano in modo stretto» la Commissione con la Congregazione per la Dottrina della Fede, ha ragion d'essere - secondo il Papa - perché «i problemi che devono ora essere trattati con la Fraternità Sacerdotale San Pio X sono di natura essenzialmente dottrinale».
Nel motu proprio il Papa ricorda in modo esplicito che, nonostante la remissione delle scomuniche, «le questioni dottrinali, ovviamente, rimangono e, finché non saranno chiarite, la Fraternità non ha uno statuto canonico nella Chiesa e i suoi ministri non possono esercitare in modo legittimo alcun ministero».