da Lucio Elio Almeno due figlie Lucio Fundanio Lamia Eliano (contestato) da Domiziano Flavio Cesare Flavia Domiziano minore (contestato) Vespasiano minore (contestato)
A seguito del fallimento della congiura di Pisone contro l'imperatore Nerone (65), Corbulone cadde in disgrazia, in quanto la sua famiglia aveva delle connessioni con i cospiratori: Corbulone fu obbligato a suicidarsi, mentre Annio Viciniano e suo fratello Annio Pollione furono messi a morte nelle successive epurazioni.[2]
Poco si conosce della vita di Domizia prima del suo matrimonio con Domiziano, ma qualche tempo prima del 70 era sposata a Lucio Elio Lamia, un uomo di rango senatoriale.[3]
Matrimonio con Domiziano
Regno di Vespasiano e Tito
Dopo il suicidio di Nerone avvenuto il 9 giugno 68, l'Impero romano fu stravolto da una lunga guerra civile nota come l'anno dei quattro imperatori; la crisi giunse al termine con l'ascesa al trono di Vespasiano, che ristabilì la pace nell'Impero e fondò una dinastia, quella flavia, di breve durata. Nel 71, Vespasiano cercò di organizzare un matrimonio dinastico tra il figlio minore Domiziano e la figlia del suo figlio maggiore Tito, Giulia;[5] ma nel frattempo Domiziano aveva già incontrato e si era già innamorato di Domizia Longina e aveva convinto Lamia a divorziare, eleggendolo in cambio a governatore della Tarraconense, in modo che Domiziano potesse sposarla.[5] L'alleanza matrimoniale era vantaggiosa per entrambe le famiglie: da una parte riabilitava la famiglia di Corbulone, dall'altra permetteva alla propaganda flavia di tacere i successi politici di Vespasiano con i più discutibili imperatori della dinastia giulio-claudia e di sottolineare i legami con Claudio e Britannico.[2]
Nel 80 nacque l'unico figlio di Domizia e Domiziano di cui si abbia notizia; Flavio Cesare, che morì nell'83.[6] In questo periodo il ruolo di Domiziano nel governo dei Flavi era cerimoniale: mentre il fratello Tito condivideva il potere del padre quasi alla pari, Domiziano aveva onori ma nessuna responsabilità.[7] La situazione non mutò alla successione di Tito al trono (23 giugno 79), e gli storici antichi e moderni ne deducono un'animosità reciproca tra i due fratelli. Nell'80 Tito conferì il consolato suffetto al primo marito di Domizia, Elio Lamia, un atto interpretato da alcuni storici come un'offesa a Domiziano.[8] In un'altra occasione, in cui Tito consigliava a Lamia di sposarsi ancora, Lamia gli chiese se anche lui stesse cercando moglie.[9]
Dopo appena due anni di regno, Tito morì inaspettatamente di febbre cerebrale il 13 settembre 81. Le sue ultime parole furono «ho fatto solo un errore»;[10] lo storico contemporaneo Svetonio ipotizzò un possibile coinvolgimento di Domiziano nella morte del fratello, attribuendo le sue ultime parole a una voce molto popolare all'epoca, che voleva che Tito avesse avuto una relazione con Domizia Longina, voce che però lo stesso Svetonio definisce altamente improbabile.[6][10]
Il 14 settembre il Senato romano confermò Domiziano successore di Tito, garantendogli la potestà tribunizia, il pontificato massimo e i titoli di augustus e Pater Patriae; Domizia Longina divenne quindi imperatrice.
Imperatrice
Poco dopo l'ascensione al trono, Domiziano conferì a Domizia il titolo onorifico di augusta, mentre il loro figlio defunto fu divinizzato; entrambi compaiono sulla monetazione di Domiziano in questa epoca. Nondimeno, il loro matrimonio sembra abbia sofferto una crisi notevole nell'83: per ragioni sconosciute, Domiziano esiliò brevemente Domizia, per poi richiamarla poco dopo, o per amore o per zittire le voci che lo volevano intrattenere una relazione con la nipote Giulia.[11] Secondo Svetonio, Domizia fu esiliata per una sua relazione con un famoso pantomimo di nome Paride; quando Domiziano scoprì la relazione, avrebbe ucciso per la strada Paride, e divorziò immediatamente dalla moglie pianificandone la sua uccisione. Secondo Cassio Dione, Lucio Giulio Urso, a quel tempo un influente console alla corte dell'imperatore, convinse Domiziano a desistere dall'intento[12]. Svetonio afferma anche che, mentre Domizia era in esilio, Domiziano prese Giulia con sé come una moglie, fin quando la nipote non morì per complicazioni della gravidanza.[13]
Gli storici moderni considerano inverosimile la ricostruzione di Svetonio, facendo notare che molte di queste storie furono diffuse da autori senatoriali ostili a Domiziano, che condannarono come tiranno dopo la sua morte: voci come quelle sulla presunta infedeltà di Domizia furono diffuse per segnalare l'ipocrisia di un sovrano che predicava pubblicamente il ritorno alla morale augustea, mentre in privato indulgeva in eccessi e presiedeva una corte corrotta.[14] In effetti Domiziano esiliò la moglie, ma, secondo alcuni storici, perché Domizia non gli diede un erede.[6] Non di meno le voci sulla relazione tra Domizia e Paride circolavano effettivamente all'epoca dei fatti, e l'imperatore non permetteva si offendesse impunemente il suo matrimonio; non molto dopo la sua salita al trono, Lucio Elio Lamia fu messo a morte per i motteggi pronunciati precedentemente, durante il regno di Tito;[15] nel 93, un figlio di Elvidio Prisco fu messo a morte per aver composto una farsa satirica sulla separazione di Domiziano dalla moglie. Le voci sui rapporti tra Domiziano e Giulia furono probabilmente una invenzione degli scrittori successivi.[16] Giulia morì di morte naturale e fu successivamente divinizzata da Domiziano.[11]
Nell'84 Domizia era già tornata a palazzo,[17] dove visse per il resto del regno di Domiziano senza ulteriori eventi di rilievo.[18] Poco si conosce delle attività di Domizia come imperatrice o della sua influenza sul governo di Domiziano, ma pare che il suo ruolo fosse di mera apparenza cerimoniale. Svetonio racconta che accompagnava l'imperatore a teatro, mentre lo storico Flavio Giuseppe riferisce dei benefici ottenuti da Domizia.[19]
Vita successiva
Il 18 settembre 96Domiziano fu assassinato da una cospirazione di palazzo organizzata da ufficiali di corte. Il suo corpo fu portato via su un carro funebre disadorno e cremato senza cerimonia dalla sua nutrice Phyllys, che mischiò le sue ceneri a quelle della nipote Giulia al Tempio di Vespasiano;[20] Quello stesso giorno gli succedette un suo amico e consigliere, Marco Cocceio Nerva. Le fonti antiche coinvolgono Domizia nella congiura: lo storico Cassio Dione, vissuto più di un secolo dopo i fatti, racconta che Domizia mise le mani su di un documento che elencava i cortigiani che Domiziano intendeva mettere a morte, e passò questa informazione al capo del cerimoniale Partenio.[21] La storia è molto probabilmente apocrifa, se lo storico Erodiano ne propone una versione simile per l'assassinio di Commodo. Secondo Jones, le prove dimostrano che Domizia rimase leale a Domiziano, anche dopo la sua morte: venticinque anni dopo la morte del marito, e malgrado la damnatio memoriae decretata dal Senato contro l'ultimo imperatore flavio, ella si riferiva a sé come «Domizia, moglie di Domiziano».[19][22][23]
Domizia morì tra il 126 e il 130; tra il 126 e il 140 fu eretto un sacello in suo onore a Gabii.[24]
Discendenza
Da Lucio Elio Lamia ebbe almeno due figlie, mentre è incerto se Lucio Fundanio Lamia Eliano fosse loro figlio o piuttosto un nipote, figlio di una delle loro figlie (Elia) e di suo marito Lucio Fundanio.[25]
Da Domiziano ebbe almeno un figlio e una figlia:
Flavio Cesare (80 - 83), deificato dal padre subito dopo la morte;[26][27]
È invece controverso se fosse anche la madre di Vespasiano minore e Domiziano minore, dei quali è stato anche ipotizzato fossero figli del solo Domiziano o da lui adottati quando fu chiaro che non avrebbe avuto eredi naturali.[29]