Il costituzionalismo è l'insieme delle dottrine politico-giuridiche, elaborate all'interno della riflessione storica, filosofica e del diritto, che prende in considerazione il tema del potere politico e dei suoi limiti. In particolare, si incentra sul concetto di costituzione quale principio fondamentale ordinatore del potere politico, in quanto lo legittima e ne stabilisce i limiti tramite la sua sottomissione alla legge.
Storicamente, il costituzionalismo moderno, sorto dalla metà del XVIII secolo, si contrappone all'assolutismo e in generale alle forme di governo dispotiche o tiranniche. Strumento fondamentale per limitare l'esercizio del potere politico in tal senso è la costituzione scritta, considerata come documento fondante e garante delle libertà e diritti fondamentali – stante la notevole eccezione del caso britannico.
Storia
Origini
Il costituzionalismo ebbe origine in Europa durante il medioevo, a partire dalle assemblee cetuali, ovvero le antiche istituzioni rappresentative degli stati.[1]
Tra medioevo ed età moderna si verificò un ribaltamento di significato, poiché le constitutiones nel diritto romano e poi in quello medievale erano le leggi emanate dall'autorità suprema (l'imperatore, il papa o il re). Il termine "costituzione" iniziò ad assumere progressivamente il significato odierno a partire dal Seicento, prima da John Locke e poi da George Savile, I marchese di Halifax e Henry Saint-John Bolingbroke. Tuttavia, anche se in forme diverse, elementi "costituzionalisti" erano variamente presenti nella teoria politica dell'Europa di età moderna, in particolare facendo riferimento al concetto di leggi fondamentali.[2]
In Inghilterra il concetto di costituzione indicava il limite espresso dalla common law nei confronti del potere regio. Tuttavia, prima della guerra civile non era affatto contrapposto alla monarchia assoluta, con la quale si indicava il potere assoluto del sovrano in chiave anti-papista. Solo successivamente, durante la restaurazione il termine assoluto venne associato al governo dispotico e arbitrario. Lo stesso Bodin, teorizzatore della monarchia assoluta in Francia, assumeva che il sovrano dovesse rispettare le "leggi fondamentali" del regno.[3]
Costituzionalismo moderno
Il moderno costituzionalismo, distinto da quello antico poiché imperniato sulla costituzione scritta e sulle dichiarazioni dei diritti, ha il suo fondamento gius-filosofico nell'elaborazione scientifica di Montesquieu e il suo fondamento storico nella Rivoluzione americana e in quella francese della seconda metà del Settecento[1][4].
Principi
Il principio fondamentale è l'utilizzo dello strumento scritto per limitare il potere politico ed indirizzare lo sviluppo giuridico.
Alcuni sostengono che i principi del costituzionalismo siano rappresentati dalla divisione dei poteri e la descrizione dei diritti fondamentali dell'individuo.[5] In realtà, il termine costituzionalismo si riferisce ad un concetto molto più generale. L'importanza della divisione dei poteri è uno degli strumenti di architettura istituzionale che può essere utile al suo fine di limitazione dell'arbitrio politico. Ed anche la descrizione dei diritti è molto differente tra le differenti Costituzioni. Così come la loro inalienabilità, che alcune costituzioni dichiarano soggetti al potere politico.
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Limitazione dei poteri
Al di là dell'origine storica riferita alla monarchia assoluta, l’idea di riferirsi ad un testo normativo scritto per limitare il potere politico torna attuale anche in riferimento alle maggioranze
di governo espresse nelle democrazie moderne: infatti anche dalla legittimazione dei governi eletti possono derivare pesanti stress sulle «forme di controllo della legalità dei processi
sociali che spettano ai corpi dello Stato per svolgere in autonomia le funzioni giurisdizionali e imperative per la difesa dei diritti individuali e sociali, nonché del ruolo delle minoranze»[6]. Quando non si riconosce che anche la sovranità del popolo si esercita nelle forme e nei limiti previsti dalla Costituzione, infatti, si corre il rischio di degenerazioni della forma di governo in modalità oclocratiche, che in epoca moderna assumono la veste di democrazia illiberale, di leaderismo o di populismi volti a negare le funzioni plurali di controllo e di indirizzo proprie delle rappresentanze politiche.