Charles-François Daubigny nacque il 15 febbraio 1817 in una famiglia di artisti. Formatosi come restauratore di opere d'arte al Louvre (esperienza che lo aiutò a padroneggiare la tecnica pittorica con notevole virtuosismo)[1], si avvicinò alla pittura sotto l'impulso del padre Edmond-François Daubigny e dello zio miniaturistaPierre Daubigny.
Inizialmente era profondamente legato ad uno stile accademico a soggetto storico, ma a partire dal 1843, quando si trasferì a Barbizon, cominciò a dedicarsi alla pittura en plein air e a temi paesaggistici. Agli esordi allievo di Jean-Victor Bertin e di Jacques Raymond Brascassat, grazie all'incontro con Jean-Baptiste Camille Corot nel 1852 ad Optevoz definì la propria maniera personale. Nel famoso battello Botin, dove Daubigny stabilì il suo studio nel 1857, visse a contatto diretto con la natura, scendendo i corsi d'acqua dell'Ile-de-France e della Normandia e dipingendo numerosissime vedute della Senna e dell'Oise.[2] Oltre a quella di Corot, importante fu per lui l'influenza di un altro pittore francese di metà Ottocento, il realistaGustave Courbet.
Il periodo più maturo di Daubigny si situa approssimativamente nel decennio che va dal 1864 fino al 1874: i soggetti rappresentati in quegli anni erano soprattutto paesaggi con molti alberi frondosi e fiumi popolati da anatre. A proposito di questi uccelli, si racconta che quando Daubigny si riteneva soddisfatto del proprio lavoro, amava aggiungere al quadro appena compiuto una o più anatre a seconda del gradimento che provava nei confronti dell'opera. Dal numero delle anatre presenti in un quadro si può quindi dedurre quanto il pittore fosse compiaciuto della qualità di quel suo lavoro.[3]
Pare che Daubigny non riuscisse a separarsi dalle sue opere preferite: affermava che «les meilleurs tableaux ne se vendent pas» ("i migliori dipinti non si vendono").[4] Probabilmente questo fu uno dei motivi per cui i quadri più riusciti non erano conosciuti tra i suoi contemporanei. Divenne famoso soprattutto per le sue vedute dei fiumi; tuttavia tutti i quadri con questo genere di soggetto sono di piccole dimensioni.
Riportiamo di seguito un commento di Louis Gillet:
«[Nelle opere di Daubigny] dipinte con rapida fattura a larghe pennellate, si notano una freschezza d'atmosfera, un lirismo pacato e agreste, una verità di sensazioni, uno splendore di tinte assolutamente nuovi nella pittura francese; in esse più che le forme definite sono rese le sfumature fugaci, gli aspetti momentanei della natura; e sono rappresentati soprattutto degli stati d'animo. Le ultime opere del Daubigny (per esempio La Neve, 1873) sollevarono nuovi scalpori per la loro audacia cromatica. Il Daubigny ha lasciato incisioni bellissime che uguagliano le più poetiche opere di Claudio Lorenese. L'opera del Daubigny fu, con quella del Corot, uno dei più potenti fattori del movimento che condusse la pittura dal naturalismo all'impressionismo moderno»
^ Giorgio Cricco, Francesco Di Teodoro, Il Cricco Di Teodoro, Itinerario nell’arte, Dal Barocco al Postimpressionismo, Versione gialla, Bologna, Zanichelli, 2012, p. 1519.
^(EN) Charles-François Daubigny, su nationalgallery.org.uk, National Gallery. URL consultato l'11 dicembre 2016.