A seconda dell'autore il numero dei Cabiri varia ma dalla somma dei nomi citati se ne ottengono cinque: Alcon, Eurimedone[1], Onnes[5], Aitinaio[4] e Tonnes[6].
Mitologia
I Cabiri erano un gruppo di enigmatiche divinità dell'oltretomba, probabilmente di origine frigia o tracia[7] e protettori dei marinai[6] che in seguito furono importati nel rito greco[8], dove corrispondevano a dei nani figli del dio Efesto, che forgiavano i metalli nella sua fucina di Lemno insieme alla madre Cabeiro[6].
Spesso erano anche identificati con i Cureti cretesi, i Dattili troiani ed i Coribanti frigi ma nella loro origine remota comunque, corrispondevano a divinità mistiche venerate o temute in varie parti del mondo antico e l'oscurità che incombe su di loro e le contraddizioni che si incontrano nei resoconti degli antichi stessi, hanno portato gli scrittori moderni a scrivere ognuno una propria teoria che spesso contrasta con le altre. È altresì incerta l'origine ed il significato del loro nome così come la loro reale origine o provenienza[6].
Secondo alcuni erano due fratelli che presiedevano alle danze orgiastiche dei misteri di Samotracia anticamente svolti in onore delle dee Demetra, Persefone ed Eche[6].
Secondo Pausania (vissuto nel II sec.d.C), nel luogo dove era situato il Kabirion a lui contemporaneo, esistevano una città e degli uomini chiamati Kabeiroi. Demetra si recò da uno di questi, chiamato Prometeo, e diede loro qualcosa da custodire, chiamato teleté. Al tempo degli Epigoni i Cabiri furono cacciati dalle loro case dagli Argivi[4].
Clemente Alessandrino (nato forse ad Atene intorno alla metà del II sec.d.C e morto in Oriente intorno al 215), ricorda di come i Cabiri fossero originariamente tre, ma di come due fratelli commisero un atto di fratricidio.
Nella tragedia Cabiri di Eschilo, le due figure accolgono gli Argonauti nella loro isola e li coinvolgono in riti orgiastici.
Gli dei gemelli vennero identificati anche con i Dioscuri specialmente nel mito degli Argonauti[6].
Erano venerati nell'isola di Samotracia[6] come Grandi Dei in un culto misterico che aveva il suo centro nel Santuario dei Grandi Dei ed era strettamente collegato a quello di Efesto. Qui si racconta che il dio ebbe da Cabeiro il figlio Cadmilo e che a sua volta ebbe tre figli detti Cabiri e tre figlie dette le Cabridi.
Secondo alcuni i Cabiri della Samotracia erano un gruppo più grande di divinità e comprendeva non solo i figli di Efesto ma anche diversi figli coribantici del dio Apollo ed entrambi i gruppi sono stati ritratti come dei rissosi guerrieri danzanti presenti nelle orge[6].
Cedalione infine, il servitore di Efesto che condusse il giganteOrione verso est era talvolta considerato come uno dei Cabiri[6].
Culto
Il culto si diffuse rapidamente in tutto il mondo greco durante il periodo ellenistico ed in seguito fu adottato anche dai Romani.
^Secondo lo scholia su Apollonio Le Argonautiche I. "L'origine frigia del culto cabirico così come affermato da Stesimbroto di Taso e recentemente difeso da Otto Kern non può, quindi, essere rifiutato 'a priori'", così scrisse Giuliano Bonfante in "A Note on the Samothracian Language" Hesperia24.2 (Aprile 1955, pp. 101-109) p. 108; Bonfante è d'accordo con Jacob Wackernagel che i Κάβειροι non possono essere greci; Wackernagel suggerì che i Cabiri fossero traci o frigi, in sua opinione due popoli strettamente connessi.
^Walter Burkert, Greek Religion, Sect. VI.1.3 "The Kabeiroi and Samothrace", Harvard University Press, 1985, p. 281