Costituita nel 1956 nel quadro del potenziamento dell'apparato militare della Germania Est per una sua integrazione nel Patto di Varsavia, la 7. Panzer-Division venne equipaggiata con materiale moderno fornito dall'Unione Sovietica e divenne una delle formazioni migliori e più potenti della Nationale Volksarmee[1].
Schierata in Sassonia con quartier generale a Dresda, la 7. Panzer-Division avrebbe dovuto, in caso di guerra con la NATO, cooperare strettamente con le due armate del Gruppo di forze sovietiche in Germania che si addestravano a sferrare una grande offensiva attraverso il varco di Fulda, e integrarsi nella struttura di comando prevista dai piani operativi del Patto di Varsavia.
Con la dissoluzione della Germania Democratica, la 7. Panzer-Division venne sciolta nel 1990 insieme alle altre unità della Volksarmee.
Storia
I programmi di organizzazione e sviluppo della Nationale Volksarmee prevedevano fin dall'inizio la costituzione di nuove Panzer-Division; questi piani vennero attivati nel 1956 dopo aver ottenuto l'approvazione dell'Unione Sovietica che, impressionata dal potenziamento della Bundeswehr della Repubblica Federale Tedesca e dai suoi progetti per la creazione di divisioni corazzate, decise di dare la propria autorizzazione.
La 7. Panzer-Division venne costituita a Dresda nel settembre 1956 con la meccanizzazione del personale della polizia del Distretto militare n. 3 della Sassonia. La struttura organizzativa della Panzer-Division della Volksarmee ricalcava il modello delle unità corazzate dell'Esercito sovietico e prevedeva un organico in tempo di pace di 9 139 soldati. La divisione corazzata tedesca tuttavia mancava del reparto elicotteri direttamente a disposizione come era presente nelle formazioni sovietiche e disponeva di un reparto ridotto di fucilieri motorizzati.
In caso di guerra la 7. Panzer-Division avrebbe rapidamente completato la sua forza organica operativa e sarebbe entrata a far parte della 3ª Armata della Volksarmee schierata in Sassonia; questo raggruppamento di forze sarebbe a sua volta stato integrato nel "1° Fronte" del Gruppo di forze sovietiche in Germania insieme al quale avrebbe partecipato alla temuta offensiva del Patto di Varsavia che i pianificatori della NATO si aspettavano in direzione del cosiddetto varco di Fulda e del "corridoio di Hof". Per molti anni le unità della 7. Panzer-Division si addestrarono intensamente per questi compiti e presero parte a numerose esercitazioni combinate.
Nel 1968 si presentò l'unica occasione in cui la 7. Panzer-Division venne messe in allarme per un reale impegno operativo. In Cecoslovacchia era in pieno sviluppo la cosiddetta Primavera di Praga e la dirigenza sovietica e dei paesi alleati temeva seriamente un crollo del regime comunista cecoslovacco e una defezione dal Patto di Varsavia che avrebbe potuto pregiudicare la solidità del Blocco orientale. Vennero attivati piani di emergenza per una occupazione militare della Cecoslovacchia e impedire la sua fuoriuscita dall'alleanza; nel giugno 1968 il Comandante supremo del Patto di Varsavia, il maresciallo Ivan Jakubovskij, propose la partecipazione alle operazioni anche delle unità della Nationale Volksarmee e il principale dirigente della Germania Democratica, Walter Ulbricht, diede il suo consenso all'intervento delle formazioni tedesco-orientali.
Il 27 luglio 1968 quindi la 7. Panzer-Division ricevette l'ordine di trasferirsi al Truppenübungsplatz Nochten, il campo di manovra della Volksarmee nei pressi di Boxberg/Oberlausitz. Da questa area la divisione avrebbe dovuto avanzare insieme alla 11. motorisierte Schützendivision, secondo i piani della cosiddetta operazione Danubio, fino alla Cecoslovacchia nord-occidentale[2]. La 7. Panzer-Division rimase in posizione nel campo di manovra e quindi le sue unità mossero in colonne di marcia fino alle aree di concentramento finale fungendo da riserva del Comando supremo del Patto di Varsavia. Alla fine tuttavia i dirigenti politici dell'Unione Sovietica e delle altre potenze del Patto di Varsavia preferirono non coinvolgere direttamente le unità tedesco-orientali nell'invasione della Cecoslovacchia; la 7. Panzer-Division rimase fino a ottobre 1968 nel campo di manovra di Nochten prima di ritornare nei suoi quartieri permanenti nell'area di Dresda.
La 7. Panzer-Division continuò negli anni seguenti ad addestrarsi intensamente per una eventuale guerra in Europa e iniziò a ricevere equipaggiamento sovietico di ultimo modello negli anni 80, in coincidenza con l'aggravarsi della tensione tra i due blocchi e l'inizio del periodo della cosiddetta "seconda guerra fredda". Dopo decenni di confronto politico-militare, gli inattesi e clamorosi eventi del 1989 e il susseguente processo di riunificazione della Germania segnarono la fine della 7. Panzer-Division che il 2 ottobre 1990 venne ufficialmente sciolta insieme alle altre formazioni del Nationale Volksarmee; alcune unità entrarono temporaneamente a far parte del "Comando orientale della Bundeswehr".
La 7. Panzer-Division fu sempre equipaggiata principalmente con materiale fornito dall'Unione Sovietica; nei primi anni i carri armati assegnati furono in gran parte i T-34/85 protagonisti della seconda guerra mondiale, a cui furono aggiunti un piccolo numero dei più moderni carri T-54. L'equipaggiamento della 7. Panzer-Division proseguì lentamente e solo nel 1964 la formazione fu finalmente completamente armata e equipaggiata secondo le tabelle organiche previste. Nel corso degli anni 60 tutti i reparti corazzati ricevettero i carri T-55 mentre negli anni 80 la 7. Panzer-Division iniziò ad essere equipaggiata con i carri armati T-72 nelle versioni T-72M e T-72M1.
I mezzi blindati per la fanteria meccanizzata furono inizialmente i sovietici BTR-40, che furono progressivamente sostituiti dai BTR-60 e BTR-70 e successivamente dai BMP-1.
Nel 1990 al momento del suo scioglimento la 7. Panzer-Division della Nationale Volksarmee disponeva del seguente equipaggiamento: