La 36ª Brigata Garibaldi "Alessandro Bianconcini" fu una brigata partigiana che operò nell'Appennino imolese-faentino. Assunse la denominazione "Bianconcini" nel maggio 1944, mentre il numerale le fu assegnato presumibilmente tra l'agosto e il settembre del 1944.
Costituzione e attività
La Trentaseiesima riuniva i partigiani della IVª Brigata d'assalto Garibaldi e del gruppo che dopo l'8 settembre 1943 aveva fatto capo a Giovanni Nardi (Caio). Sia Caio che il comandante della IVª Brigata Libero Lossanti (Lorenzini) erano stati uccisi insieme a numerosi altri partigiani. I superstiti, con Luigi Tinti (Bob) come comandante e Guido Gualandi (il Moro) come commissario politico, andarono a costituire una delle Brigate più numerose, raggiungendo in breve tempo le 1600 unità.[1]
La Brigata (che dal settembre 1944 fu divisa in quattro battaglioni di quattro compagnie ciascuno con l'obiettivo di scendere verso Bologna, Imola e Faenza e liberarle prima dell'arrivo degli Alleati)[2] oltre ad incursioni nei paesi, sequestri e redistribuzioni dei raccolti tra i contadini,[1] sostenne numerosi scontri con le forze nazifasciste. Tra questi si ricordano in particolare quello di Monte Battaglia, la battaglia del Castagno,[3] quella di Ca' di Malanca e quella di Ca' di Guzzo (28 settembre 1944).[4]
Persone legate alla Brigata
Note
- ^ a b Vitaliano Ravagli, Wu Ming, Asce di guerra, Milano, Marco Tropea Editore, 2000, pp. 194-197, ISBN 88-438-0269-0.
- ^ Ravagli, Wu Ming, cit., p. 146.
- ^ Ampiamente descritta in Ravagli, Wu Ming, cit., pp. 144-146.
- ^ Ravagli, Wu Ming, cit., pp. 146-149.
- ^ D-sign.it, Beghelli Guerino - Storia e Memoria di Bologna, su storiaememoriadibologna.it. URL consultato il 26 aprile 2021.
Bibliografia
Voci correlate
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