Per le unità minori, quali torpediniere e corvette, la OTO realizzò due bocche da fuoco leggermente modificate, impiegate su diversi impianti singoli: al primo modello, l'OTO Mod. 1931 seguirono gli impianti OTO Mod. 1935 e RM Mod. 1937, che usavano la stessa bocca da fuoco. L'OTO Mod. 1937 montava invece un'arma leggermente migliorata.
Infine, per i sommergibili la OTO realizzò dei derivati del Mod. 1928 in impianto singolo con canna leggermente accorciata, denominati Mod. 1931, Mod. 1935 e Mod. 1938.
Nel 1930 dieci impianti binati OTO Mod. 1928 furono forniti all'Unione Sovietica ed installati sugli incrociatori leggeri Krasnyi Kavkaz e Chervona Ukraina[6]. Queste bocche da fuoco erano una versione allungata a 50 calibri, incavalcate su un affusto antieareo a ginocchiello variabile, progettato da Minisini[7], cosicché i pezzi in Unione Sovietica furono soprannominati Minizini.
Altri utilizzatori pre-bellici del cannone da 100/47 furono:
la Spagna sull'incrociatore Baleares (ma non sul gemello Canarias) e sui due sommergibili Iride ed Onice prestati dalla Regia Marina durante la Guerra di Spagna.
Dopo il trattato di pace, le seguenti unità dotate di questo cannone furono cedute alle potenze vincitrici[8]:
Giulio Cesare, Emanuele Filiberto Duca d'Aosta, Animoso, Ardimentoso, Fortunale, Marea e Nichelio all'URSS;
Eugenio di Savoia alla Grecia;
Ariete, Aliseo ed Indomito alla Jugoslavia.
Nel dopoguerra continuò ad equipaggiare nella Marina Militare le torpediniere classe Spica e Orsa, le corvette classe Gabbiano e quattro incrociatori leggeri (Cadorna, Montecuccoli, Duca degli Abruzzi e Garibaldi). Sul Garibaldi nel dopoguerra vennero aggiunti due cannoni da 100/47 singoli per il tiro illuminante.
L'ultima unità navale italiana ad imbarcare il cannone è stato l'incrociatore Montecuccoli, che nel dopoguerra ha operato come nave scuola per gli allievi dell'Accademia navale di Livorno, che venne messo in disarmo nel 1964, ammainando per l'ultima volta la bandiera, a Taranto la sera del 31 maggio 1964. La radiazione dell'Helli (ex Eugenio di Savoia) dalla marina greca fu essenzialmente contemporanea.
Tecnica
Le bocche da fuoco da 100/47 furono sviluppate dalla OTO come copie del pezzo Škoda 10 cm K10 e quindi ne riproducevano abbastanza fedelmente le caratteristiche. La canna era in acciaio con otturatore a cuneo orizzontale ma, a differenza dell'originale austriaco, aveva l'anima rigata sfilabile[4]. I vari modelli impiegavano la stessa munizioneseparata a "cartoccio-bossolo" pesante 26,2 kg, dei quali 13,75 kg rappresentati dalla granata.
Sulle installazioni binate Mod. 24, Mod. 27 e Mod. 28 le bocche da fuoco erano sostenute una culla unica, incavalcata su affusti a piedistallo scudati inchiavardati ai ponti delle unità maggiori (navi da battaglia ed incrociatori).
Le corvette e le torpediniere erano dotate invece dei Mod. 31, Mod. 35, Mod. 37 e R.M. Mod. 37, affusti singoli, a candeliere, muniti di scudatura[9].
Le bocche da fuoco per sommergibili Mod. 31, Mod. 35[10] e Mod. 38[11] erano leggermente accorciate. Inoltre montavano un diverso gruppo di freni di sparo, più piccoli ed incassati nel blocco di culatta. Esse erano incavalcate su affusti singoli a piedistallo, privi di scudatura, con elevazione ridotta che ne limitava l'uso alla funzione antinave.