quella liberale, la "Piattaforma Democratica", che includeva El'cin;
quella conservatrice, la "Piattaforma Marxista del PCUS".
Quest'ultima contestava in particolar modo l'abrogazione dell'articolo 6, riconducendo ad essa la crescente crisi di carattere economico, interetnico e culturale che investiva il Paese. Di diverso avviso i democratici, che per bocca di El'cin proposero la ridenominazione del PCUS in Partito socialdemocratico e la concessione della libertà frazione. L'assemblea respinse le richieste e El'cin utilizzò la tribuna congressuale per annunciare la propria fuoriuscita dal PCUS. Sul fronte dei conservatori si registrò il tentativo di eleggere Egor Ligačëv al ruolo di vicepresidente del partito, che tuttavia non andò in porto.[3][4]
Il Congresso elesse il nuovo Comitato centrale, composto da 412 membri, e la Commissione centrale di controllo, composta da 165 membri;[5] approvò inoltre la risoluzione programmatica proposta da Gorbačëv dal titolo "Verso un socialismo umano e democratico",[6] che spostava il partito su posizioni ideologiche socialdemocratiche, sancendo la legittimità del pluralismo politico e dell'economia mista.[7]
(RU) N. V. Eliseeva, Istorija perestrojki v SSSR: 1985-1991 gg. [Storia della perestrojka nell'URSS, 1985-1991], 2ª ed., Mosca, Rossijskij gosudarstvennyj gumanitarnyj universitet, 2017 [2016], ISBN978-5-7281-1888-6.
(EN) Antony Kalashnikov, 28th CPSU Congress, in Interpellation in the late Soviet period: contesting the de-ideologization narrative (abstract), Canadian Slavonic Papers, vol. 58, n. 1, pp. 35-39, DOI:10.1080/00085006.2015.1127513.
(EN) Peter Frank, The Twenty-Eighth Congress of the Communist Party of the Soviet Union: A Personal Assessment, in Government and Opposition, vol. 25, n. 4, Cambridge University Press, 1990, pp. 472-483, JSTOR44482537.