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Il Vibrio parahaemolyticus è un batterio non invasivo, appartenente al genere dei vibrioni, essendo alofilo si ritrova generalmente nelle acque e in alimenti di origine marina[1]. La trasmissione avviene per ingestione di crostacei e molluschi consumati crudi o poco cotti (quindi, per via oro-fecale)[2].
In caso di infezione, i sintomi si presentano 12-24 ore dopo l'ingestione e sono dati da diarrea abbondante, crampi addominali, vomito, cefalea e febbre[1]. I sintomi tendono a scomparire spontaneamente nel giro di tre giorni[2][3].
Prevenzione e terapia
È necessario consumare pesce di allevamenti controllati, evitare quando possibile di ingerirlo crudo, e refrigerarlo dopo la cottura, se non lo si consuma subito[2]. La terapia è data da trattamenti idratanti e risalificanti[3].
Note
- ^ a b Sherris medical microbiology: an introduction to infectious diseases, 4th ed, McGraw-Hill, 2004, ISBN 978-0-8385-8529-0.
- ^ a b c (EN) W. Baffone, A. Casaroli e R. Campana, ‘In vivo’ studies on the pathophysiological mechanism of Vibrio parahaemolyticus TDH+—induced secretion, in Microbial Pathogenesis, vol. 38, n. 2-3, 2005-02, pp. 133–137, DOI:10.1016/j.micpath.2004.11.001. URL consultato il 23 luglio 2024.
- ^ a b orsa, Vibrio parahaemolyticus, su Osservatorio Regionale Sicurezza Alimentare, 12 febbraio 2016. URL consultato il 23 luglio 2024.
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