Le sue opere non presentano una qualsivoglia ambientazione, una trama, un intreccio, dei protagonisti o degli antagonisti, ma si basano esclusivamente sulla parola. Esse traboccano di giochi di parole e doppisensi, tanto da non essere facilmente comprensibili e rappresentabili (il che ha costretto Novarina a scriverne versioni ridotte).
Il suo esordio avvenne nel 1974 con L'atelier volant, ancora poco sperimentale, cui seguì nel 1976Falstafe. A partire da Il dramma della vita del 1983 cominciò a inserire nelle sue opere elenchi lunghissimi di vocaboli e lemmi desueti o semplici neologismi da lui stesso inventati. L'apice della sua innovazione[senza fonte] si ebbe con La carne dell'uomo (1994), pantagruelico banchetto al quale prendono parte seimila personaggi con nomi legati all'atto del mangiare.