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Motivo: Voce incentrata prevalentemente sul cosiddetto "Piffero delle Quattro Province" (denominazione recente di una presunta tradizione musicale priva di un corredo bibliografico che ne dimostri la rilevanza o uno specifico riconoscimento storico culturale)
Motivo: voce trattata solo sul Piffero locale delle 4 provincie, ma lo strumento possiede un'ampia storia
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Il piffero è un aerofono ad ancia doppia a cameratura conica, della famiglia degli oboi. Appartiene alla famiglia delle bombarde, progenitrici dell'oboe moderno.
Piffero delle Quattro Province
Il piffero è lo strumento principe per le musiche delle Quattro Province, l'area culturalmente omogenea formata dalle valli montane delle province di Pavia, Alessandria, Genova e Piacenza.
L'intonazione è in sol.
Lo strumento è costituito da tre parti:
Il musotto, l'ancia di questo strumento, realizzata in canna, è collocata in una "piruette" (bocchino chiamato musotto), particolarità, unica in Italia, che ha in comune con gli oboe orientali e antichi. Questa struttura permette di eseguire il fraseggio tipico detto "masticato" del repertorio delle Quattro Province.
La canna conica che ha 8 fori (l'ottavo foro posteriore si usa col pollice della mano sinistra).
Un padiglione svasato chiamato "campana" dove riposa, durante l'esecuzione, una penna di coda di gallo, che serve per pulire l'ancia.
Completano lo strumento le vere, anelli di rinforzo e abbellimento in ottone.
Anticamente veniva accompagnato dalla cornamusa appenninica detta müsa e ai nostri giorni più frequentemente dalla fisarmonica. La coppia piffero e fisarmonica accompagna ancora oggi tutte le danze di questa zona.
Il più rinomato costruttore di pifferi fu Nicolò Bacigalupo, detto u Grixiu (Cicagna, 1863 - 1937) attivo a Cicagna (val FontanabuonaGE) dal 1900, dopo il suo ritorno dal Perù, fino alla sua morte. Ciò che rimane della bottega del Grixiu (strumenti musicali semilavorati e attrezzi tra cui il tornio a pedale) è conservato nel Museo etnografico Ettore Guatelli di Ozzano Taro (PR). Oggi i pifferi continuano ad essere costruiti da Ettore Losini, detto Bani, di Degara di Bobbio (PC) e da Stefano Mantovani della provincia di Pavia.
Il repertorio musicale è corposo, antico, trasmesso attraverso i secoli (il fifaro è citato in uno scritto del Pessagno su fatti della val Fontanabuona del 1578) comprende oltre le melodie da ballo, brani che scandivano i momenti della vita contadina: questue come il carlin di maggio, la galina grisa o la Santa Croce; il carnevale con la povera donna; la partenza per leva con leva levon; il matrimonio con la sposina (brano per accompagnare la sposa dalla sua casa alla chiesa) e altri brani "da strada" come la sestrina per accompagnare i cortei nelle varie occasioni.
Tra i pifferai più noti del passato furono Draghino, Ernesto Sala di Cegni, Jacmon, Giuanen e Fiur in val Trebbia[1].
La coppia piffero-fisarmonica porta il nome, o più spesso il soprannome dei suoi componenti, alcune di quelle attive oggi sono: