È stato fondato nel 1971, quale partito maoista, con il nome di Partito Comunista dei Paesi Bassi/Marxista-Leninista (Kommunistiese Partij Nederland/Marxisties-Leninisties, KPN/ML), come scissione dal Movimento Comunista Unitario dei Paesi Bassi (Kommunistiese Eenheidsbeweging Nederland), a sua volta una fazione filo-cinese espulsa dal Partito Comunista dei Paesi Bassi (CPN). La divisione era nata perché il Movimento non condivideva le aperture del fondatore del KPN/ML, Daan Monjé, agli studenti ed agli intellettuali. Nel 1972 il partito cambiò il nome in Socialistiese Partij (Partito Socialista), con l'ortografia fonetica popolare nei cerchi progressisti[non chiaro]. Nel 1993 fu adottata l'ortografia convenzionale Socialistische Partij.
Il partito cercò subito il dialogo con le più variegate componenti sociali. Nel 1991 il partito abbandonò definitivamente il Marxismo-leninismo. Nel 1994 elesse i suoi primi due deputati al parlamento. Negli anni '90 il PvdA, socialdemocratico, si spostò verso il centro permettendo allo SP ed alla Sinistra Verde una maggiore visibilità. L'opposizione ai governi "viola" di Wim Kok (VVD e D66 "blu" e PvdA "rossi") permise allo SP di ottenere 5 seggi nel 1998 e un seggio alle europee del 1999.
La battaglia contro la Costituzione europea, nonché una campagna elettorale incentrata sul controllo dell'influenza integralista sulla comunità islamica olandese, sul rifiuto nell'inviare contingenti militari nelle missioni della NATO, sulla forte critica alle politiche del governo uscente in campo economico, premiò notevolmente il PS alle politiche anticipate del 2006. Il partito, infatti, passò dal 6,32 al 16,58% dei voti, ottenendo 25 seggi nella Camera bassa e posizionandosi quale terza forza del paese dietro CDA (41 seggi) e PvdA (33 seggi). Del resto, anche a destra ottenne un buon risultato la forza politica più radicale, il Partito per la Libertà (PVV), conservatore, che tolse voti al VVD ed elesse 9 deputati. Nonostante il buon risultato, il PS rimase all'opposizione, questa volta di un governo che vide la partecipazione di Appello Cristiano Democratico, Partito del Lavoro e Unione Cristiana.
Le politiche del 2010 segnarono un forte calo per il Partito Socialista (- 6,76%). I democristiani del CDA persero il 12,8% e divennero il quarto partito in Parlamento. A crescere furono i liberali del VVD (+5,8%), i socio-liberali di D66 (+4,9%), gli ecologisti di GL (+2%), ma soprattutto i liberal-populisti del Partito per la Libertà (+9,4%). Il nuovo governo, di minoranza, fu composto da VVD e CDA, con l'appoggio esterno del PVV.
Il 21 aprile 2012 il PVV ritira il sostegno al governo di Mark Rutte, che si dimette due giorni dopo, portando il paese ad elezioni anticipate nel settembre dello stesso anno.
Dalla campagna elettorale precedente alle nuove elezioni il Partito Socialista era balzato in testa nelle intenzioni di voto dei sondaggi, ma la prova nelle urne si rivelerà assai più modesta, eguagliando grossomodo i risultati del 2010 ed ottenendo il 9,65% dei voti e 15 seggi alla Camera.
Invece le elezioni europee del 2019 vedranno un pesantissimo crollo di consensi per i socialisti al punto da scendere ai propri minimi storici col 3,37% e perdendo la loro rappresentanza a Strasburgo.
Il Partito socialista ha un elettorato più operaio rispetto al PvdA e alla Sinistra Verde.[11]