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Nuovi ordini sociali feudali si formano alla fine del IX secolo, con l'affermarsi in Europa del poterecarolingio e con la nascita di una nuova società. Il nuovo potere si consolida attraverso gratificazioni terriere, che accompagnano funzioni giurisdizionali, civili e militari, a favore di guerrieri fedeli.
Il vassallaggio, base fondamentale del sistema feudale, è un rapporto di tipo personale e reale: personale in quanto un uomo libero si assoggetta ad un altro uomo libero, prestandogli fedeltà e servizi in cambio di protezione e di possedimenti terrieri e questi ne costituiscono l'elemento reale.
Si tratta di una fedeltà come impegno di solidarietà armata e quindi politica, che è cosa diversa dalla fedeltà dovuta dai servi o dai dipendenti al padrone.
È un impegno che comporta nei confronti del signore l'ausilio militare ed il consiglio politico ed ha come corrispettivo la concessione di beneficiare, che ne cementano il rapporto vassallatico. Questo rapporto che inizialmente si istituisce tra il sovrano ed i soggetti più vicini a lui, i principi, i duchi, i grandi dignitari si ripropone a cascata tra i primi vassalli ed altri soggetti che, a loro volta, si assoggettano ad essi prestando loro fedeltà e servizi in cambio di altre terre.
Tutto questo [manca citazione - specificare come e perché la parcellizzazione porta alla fine di questo stesso] porta inevitabilmente alla frammentazione ed alla parcellizzazione del potere minando dall'interno sistema carolingio che non sopravviverà a sé stesso.
Le guerre
La guerra, all'epoca, era una realtà quotidiana e, di conseguenza, anche le strutture politico-amministrative dovevano adattarsi ad essa, garantendo una classe di guerrieri professionisti sempre pronti ad impugnare le armi per proteggere i fragili regni per cui combattevano. Per questo è indispensabile che questi gruppi abbiano i mezzi economici necessari per le armature ed in particolare per i cavalli, tenuto conto dei loro costi altissimi. A ciò deve servire la terra concessa dal sovrano: oltre a consolidarne la fedeltà quest'operazione ha la conseguenza socioeconomica elevatissima di cristallizzare, e per molto tempo a venire, la suddivisione gerarchica tra armati e disarmati, sostituendola così alla precedente divisione germanica tra liberi e non liberi.
Si evidenzia sempre di più la figura del bellator equestre fino ad assumere le caratteristiche di unico combattente lasciando ai pedes solo funzioni di supporto.
Sarà il quadrato svizzero assieme a nuove armi, alcuni secoli dopo, a capovolgere definitivamente questa funzione militare, sia sotto l'aspetto tattico che strategico. Occorreranno alcuni secoli e l'avvento del Rinascimento per ridimensionare il ruolo militare della cavalleria senza, tuttavia, intaccarne quell'alone di mito che il cavaliere aveva saputo coltivare attorno a sé esaltandolo anche con funzioni extramilitari, quali alcune giurisdizionali e con i privilegi che aveva accumulato.
Il cavaliere medievale
Il cavaliere feudale è pertanto un guerriero aristocratico che trionfa in un mondo di inermi (senza armi); quella feudale è una società militarizzata concepita per la guerra: cioè una società di inermi a capo della quale vi sono dei guerrieri.
L'essere guerriero significa anche governare e amministrare la giustizia o, quantomeno, essere esente da certi carichi giuridicamente gravanti sul resto degli uomini. Il guerriero è, sempre e comunque, un privilegiato quand'anche sia soltanto un modesto allodiero o addirittura un ministero privo a livello giuridico di libertà personale: l'esercizio delle armi lo pone, sul piano del genere di vita, alla pari dei grandi.
È la logica della fraternitas guerriera, del comitato, all'interno del quale vige un'etica comunitaria, fraterna, tendenzialmente egualitaria.
Il cavaliere nella società feudale fondata sulla guerra si eleva sulla massa degli inermi costituendo la base di una consorteria guerriera da cui nascerà e si svilupperà quella aristocrazia di spada che tanto influenza avrà in tempi successivi e che, sempre, farà riferimento alle proprie origini ora mitizzandole ora traendone elementi. I valori fondamentali del cavaliere medievale erano: la prodezza, il senso dell'onore, la lealtà, la generosità per i vinti, il rispetto della parola data, la fedeltà al signore e la nobiltà d'animo.
Nascita della nobiltà
A mano a mano che il significato del termine vassallo si va identificando con quello di combattente si precisa, con sempre maggiore chiarezza, il carattere militare del vassallaggio e con esso il carattere nobiliare.
È considerato nobile chi possiede il costosissimo equipaggiamento militare del cavaliere, arrivando presto ad un'identificazione simbiotica tra vassallo e cavaliere ed entrambi con il nobile.
Bloch individua in questo passaggio la nascita della nobiltà[1]. È da dire a tal proposito che questa interpretazione, se è valida per l'area franca, lo è meno per l'area germanica, dove il legame di sangue è più forte e, conseguentemente, la nobiltà è più chiusa, più genealogica. Ciò non toglie, tuttavia, che i due modi di essere della nobiltà possano coesistere, da una parte per investitura e dall'altra per stirpe.
È attorno all'anno 1000 che, sotto la spinta delle incursioni saracene, vichinghe e di altri popoli dell'Europa orientale, si perfeziona l'arte del combattimento a cavallo, anche a seguito di innovazioni tecniche quali l'uso della staffa, che dà maggiore stabilità al cavaliere, e di sempre più perfezionate armature a difesa del cavaliere e del cavallo.
Nasce, così, la cavalleria pesante formata dalle cosiddette lance, che costituiranno la base dei successivi contratti di condotta. Tutto ciò è estremamente costoso ed ecco il ruolo essenziale del possesso della terra per il sostentamento del cavaliere, per il suo armamento, per il mantenimento del cavallo e di quegli ausiliari che gli sono indispensabili nel combattimento. È appena il caso di ricordare che una lancia è composta da tre a sei elementi.
Venne istituzionalizzato, a partire dall'XI secolo, con Adalberone di Laon (nella sua opera Carmen ad Robertum regem), la divisione della società in bellatores, coloro che praticavano il mestiere delle armi, i nobili cavalieri feudali che proteggevano con la spada i deboli dai soprusi e la Chiesa dai nemici della cristianità, ed erano dunque detentori del monopolio dell'uso legale della violenza; oratores, i membri del clero, specialisti della preghiera, gestori esclusivi e ufficiali del rapporto della società col sacro; e laboratores, i contadini, che gestiscono la relazione tra la società e la terra, intesa come serbatoio di fecondità e nutrimento, procurando il cibo alle altre due categorie e costituendo, peraltro, lo strumento indispensabile di sfruttamento, da parte delle classi superiori, dell'unica ricchezza concepibile allora, quella fondiaria.
Questa divisione ben presto assunse un carattere sacrale, trina come la Santissima Trinità: poiché si riteneva che ognuna delle tre funzioni fosse necessaria alle altre due, non era vista di buon occhio la mobilità sociale, interpretata come un tentativo di spezzare quei vincoli sacri di solidarietà reciproca e di contestare quella suddivisione sociale che si diceva voluta da Dio.
«sono guerrieri, protettori delle chiese, difendono gli uomini del popolo, grandi e piccoli, e ugualmente difendono se stessi. L'altra parte è quella dei servi: questa razza disgraziata non possiede nulla senza dolore…. Ricchezze e vesti sono fornite a tutti dai servi, infatti, nessun uomo libero può vivere senza servi. Perciò la città di Dio che si crede essere una è divisa in tre: certuni pregano, altri combattono, e gli altri lavorano. Questi tre ordini vivono insieme e non possono essere separati; il servizio di uno solo permette le azioni degli altri due; con alterne vicende si aiutano»
«Ci sono in primo luogo i chierici e, più specialmente, i monaci la cui funzione è la preghiera che li mette in rapporto con il mondo divino e dà loro un eminente potere spirituale sulla Terra; poi i guerrieri e, più in particolare, quel nuovo strato sociale di combattenti a cavallo che diventerà una nuova nobiltà, la cavalleria che protegge con le armi gli altri due ordini; infine il mondo del lavoro, rappresentato essenzialmente dai contadini le cui condizioni giuridico-sociali tendono a unificarsi e che danno da vivere col prodotto del loro lavoro agli altri due ordini. ...Lo schema, in apparenza egalitario, rafforza l'ineguaglianza sociale fra i tre ordini.»
(Le Goff J., L'uomo medievale, op. cit. in bibliografia)
Questa tripartizione della società nasce come strumento di potere e lotta politica[2] e lascia il terzo ordine in una posizione di subordinazione che si manterrà a lungo.
Interessante è la definizione che ne dà Chastellain nel XV secolo:
(FR)
«Pour venir au tiers membre qui fait le royaume entier, c'est l'estat des bonnes villes, des marchans et des gens de labeur, desquels ils ne convient faire si longue exposition que de autres, pour cause que de soy il n'est gaire capable de hautes attributions, parce qu'il est au degré servile.»
(IT)
«Per venire al terzo membro che compone il reame intero, si tratta dello stato delle belle città, dei mercanti e dei lavoratori, dei quali non conviene fare un'esposizione lunga quanto quella degli altri, giacché non è affatto di alte attribuzioni, perché è di grado servile.»
(Chastellain, Oeuvres)
Si è passati dall'agricoltore germanico che all'occorrenza impugnava un'arma, il più delle volte un'ascia, al tempo stesso strumento di lavoro ed arma micidiale se usata da mani abili e determinate, al guerriero a cavallo professionista del combattimento.