ʿAllāma al-Majlisī, o ʿAllāmeh Majlesī (varianti: Majlesi, Majlessi, Madjlessi), o Majlisī-yi Thānī[1] è stato un dotto religioso musulmano vissuto in età safavide. Fu la più rilevante figura religiosa dell'Iran sciita della sua epoca e scrisse oltre 100 libri in arabo e in persiano.
Rappresentante tipico del kalām sciita, ʿAllāmeh Majlesī organizzò la teologia sciita ufficiale in maniera sistematica: un insieme di studi gli permise infatti di costituire un'enciclopedia teologica in 26 volumi, «I mari delle luci» (Biḥār al-Anwār), che è la più vasta somma di ʾaḥādīth sugli Imam sciiti duodecimani.
Formazione intellettuale
Studiò fiqh (giurisprudenza), Uṣūl al-fiqh (fonti del diritto), Tafsīrkalām (teologia), filosofia, misticismo e altre discipline religiose sotto la guida paterna e sotto quella di un gran numero di Maestri, tra cui spiccano i nomi di Sayyid Amīr Sharaf al-Dīn al-Ḥusaynī al-Shūlastānī (m. 1650) e Ḥasan ʿAlī al-Tustarī (m. 1664). Fu fortemente avverso al sufismo.
Il volume XIII è interamente dedicato al 12º imam.
Redasse del pari opere di storia e di edificazione religiosa.
Tra religione e politica nella società iranica
ʿAllāma Majlisī intrattenne strette e cordiali relazioni con due sovrani safavidi, impegnati nell'imposizione all'Iran dello sciismoduodecimano: Shāh Sulaymān I (m. 1694) e il suo successore Shāh Sulṭān Ḥusayn (m. 1713).
Il primo di essi lo nominò Shaykh al-Islām nel 1686, mentre l'ultimo volle che il suo titolo diventasse Mullābāshī (capo dei dotti).
Animato da un forte zelo (funzionale al deciso intento safavide di affermazione dello sciismo), ʿAllāma Majlisī operò fattivamente per reprimere ogni movimento di pensiero che potesse apparire "eretico" e "infedele", ordinando ad esempio nel 1686 la distruzione degli idoliindiani presenti a Iṣfahān.[2] Non sfuggirono alla sua attività di custode dell'ortodossia sciita neppure i sufi, gli Zoroastriani e persino i musulmanisunniti,[3] 70 000 dei quali si dice fossero da lui stati riportati sulla "retta via" sciita.[4]
Il suo radicalismo religioso, espresso massimamente nei suoi ultimi quattro anni di vita, quando - secondo il giudizio di Abdul-Hadi Hairi - egli fu "praticamente il vero governante dell'Iran", in qualche modo prefigurando il futuro ruolo egemonico dei dotti sciiti nella Repubblica Islamica dell'Iran, voluta da Khomeynī e dai sostenitori della Velāyat-i faqīh.
Note
^"Il secondo Majlisī", per non confonderlo con suo padre, Muḥammad Taqī.
^L. Lockhart, The fall of the Safavi dynasty and the Afghan occupation of Persia, Cambridge 1958, capp. 3-4 e 6.
^Muḥammad ibn Sulaymān Tunakābunī, Qiṣaṣ al-ʿulamāʾ, Tehran, s.d., p. 205.
Bibliografia
(EN) Lemma «MADJLISI, Mullā Muḥammad Bāķir» (Abdul-Hadi Hairi), su The Encyclopaedia of Islam, 2nd edition.
(EN) Lemma «MAJLESI, Moḥammad-Bāqer» (Rainer Brunner), su: Encyclopædia Iranica.
(EN) Hamid Algar, "Šiʿism and Iran in the eighteenth century", in: T. Naff and R. Owen (eds.), Studies in eighteenth century Islamic history, Londra e Amsterdam, 1977, pp. 288–302, pp. 400–403.
(EN) L. Lockhart, The fall of the Safavi dynasty and the Afghan occupation of Persia, Cambridge, 1958, capp. 3–4 e 6.
(FA) ʿAlī Sharīʿatī, Tashayyuʿ-i ʿalavī va tashayyuʿ-i ṣafavī (Lo sciismo degli Alidi e lo sciismo dei Safavidi), Tehran, 1971, pp. 189–199.