Il Mercurion (greco bizantinoΜερχουρίου) identifica un territorio all'interno del Pollino in cui fiorì per molti secoli il monachesimo greco-orientale.
Mercurion
Mappa anacronistica del Mercurion e Latinion, territori bizantini nell'odierna Basilicata
Generalmente l'origine del nome viene riferita all'esistenza di un antico tempio del dio Mercurio o, in alternativa, messa in relazione al culto tributato dai monaci a San Mercurio di Cesarea (culto molto popolare nell'Italia meridionale durante il medioevo)[1];[2] un'ipotesi alternativa fa discendere il nome dal fiume Mercure in quanto quest'ultimo avrebbe a sua volta assunto uno degli aspetti del dio, cioè quella di "messaggero", «mettendo in comunicazione tra loro per scopi economici e naturalmente anche culturali, le coste dello Jonio e le regioni interne sull'odierno confine calabro-lucano con le spiagge del Tirreno»;[3] quest'ultima spiegazione è comunque considerata, da alcuni autori, «alquanto macchinosa».[4]
la politica dell'Impero stesso, che incentivava la diffusione del cristianesimo ortodosso nelle zone da esso controllate e lo stanziamento dei monaci che permetteva il dissodamento di terre prima improduttive.[5]
Il periodo di massimo splendore della zona fu raggiunto nei secoli X-XI, in cui il Mercurion fu definito nuova Tebaide, e divenne uno dei maggiori centri del misticismo dell'Italia meridionale e della Sicilia, in tale periodo infatti vissero o studiarono, presso i monasteri locali, un gran numero di personalità che saranno venerate come santi dalla chiesa, tra cui: Fantino il giovane, Nicodemo da Cirò, Zaccaria del Mercurion, Saba del Mercurion, Luca di Demenna o d'Armento, Macario abate e, probabilmente il più importante, Nilo da Rossano.
Successivamente, con la conquista normanna e la conseguente espansione del rito romano, iniziò la decadenza che porterà i monasteri di rito greco ad essere assoggettati ad abbazie latine, nello specifico alla Badia di Cava quelli ricadenti in territorio longobardo e alla Badia di Santa Maria della Matina quelli in territorio bizantino,[6] e quindi alla liquidazione dell'eparchia.
^ Silvano Borsari, Il monachesimo bizantino nella Sicilia e nell'Italia meridionale prenormanne, Napoli, Istituto Italiano per gli Studi Storici, 1963, p. 47.
Adele Cilento, Potere e monachesimo. Ceti dirigenti e mondo monastico nella Calabria Bizantina (secoli IX-XI), 2001, Nardini, ISBN88-404-2422-9.
Tito Robertella, Nuove Luci Lucane, 1984, Avellino, edizioni Menna.
André Guillou, Spiritualità e società religiosa greca nell'Italia Meridionale e la Sicilia, 1972, Bari, Istituto Superiore di Teologia Ecumenica "S. Nicola".
Biagio Cappelli, Il Mercurion, in Il monachesimo basiliano ai confini calabro-lucani, Napoli, Fausto Fiorentino – Editore, 1963, pp. 225-251.
Venturino Panebianco, Osservazioni sulla eparchìa monastica del Mercurion e sul Thema bizantino di Lucania, in Rivista storica calabrese, a. I, n. 1-2, gennaio/giugno 1980, pp. 189-93.
Orazio Campagna, I monasteri che erano intorno al Mercurion, in Rivista storica calabrese, n.s. (IX (1988)), nn. 1-4)
Orazio Campagna, San Nilo di Rossano al Mercurion (940-952/53), L'Athos d'Italia, Roma 2000