Strenuo oppositore del regime dello ShahMohammad Reza Pahlavi, nel 1978 fonda l'Unione dei Militanti Comunisti, con i quali prende parte alla rivoluzione iraniana del 1979, promuovendo tenacemente il sistema democratico-consiliarista delle shoras, organi assembleari organizzati sulla falsariga dei soviet, quale assetto politico-economico di un futuro Iranrepubblicano. A seguito della deposizione dello Shah ed alla conseguente proclamazione della Repubblica Islamica, Hekmat, al contrario della maggior parte delle forze della sinistra iraniana, si rifiuta fermamente di prestare giuramento all'AyatollahRuhollah Khomeini. Quest'improvvisa evoluzione della scena politica del Paese lo disillude profondamente sulla reale efficacia di tattiche politiche basate sulla collaborazione strategica con le forze liberal-borghesi, seppur nominalmente di sinistra, che lo porta dunque ad asserire l'imperativo di scardinare «il mito di una borghesia nazionale progressista».
Nel 1991, però, Hekmat ed altri esponenti della frazione operaista seguace delle sue tesi, e per questo denominata Hekmatista, lasciarono il partito per fondare il Partito Comunista Operaio dell'Iran. Contemporaneamente, contribuì alla formazione, da parte di alcuni suoi sostenitori iracheni, del Partito Comunista Operaio dell'Iraq.
Hekmat è stato da sempre un convinto assertore del cosiddetto "ritorno a Marx", ovvero l'idea che la classe operaia stessa fosse l'agente politico egemone per il perseguimento del comunismo, sostenendo dunque che essa avrebbe dovuto, una volta acquisita la propria coscienza di classe, insorgere in una vasta rivoluzione socio-economica e che, senza alcun tipo d'intermediazione politica o con l'esigenza di stringere patti od alleanze con settori sociali non-proletari (in questo, dunque, rientrano anche i contadini), dovesse a questo fine istituire come necessaria fase intermedia la dittatura rivoluzionaria del proletariato, in accordanza, però, alla concettualizzazione propria di Marx ed Engels (ovvero una sorta di semi-Stato proletario retto da una forma di democrazia diretta[1][2]). Di conseguenza, Hekmat rifiutava categoricamente le teorie leniniste dell'avanguardismo partitico e del conseguente centralismo democratico, asserendo in base a ciò che né l'Unione Sovietica, la Repubblica Popolare Cinese o qualunque altro stato che si rifacesse direttamente a loro sarebbero mai stati veri paesi socialisti, sostenendo di contro un approccio "dal basso", che favorisse un tipo d'organizzazione politico-economica marcatamente consiliarista.
Note
^ Karl Marx, The Civil War in France, in Marx & Engels Collected Works, vol. 22, New York, International Publishers, 1986, p. 331.