Nella mitologia slava, Kikimora (in russoкикимора?), conosciuta anche come Kikomori, è uno spirito che risiede nella casa, come il Domovoj, ma a differenza di questo è un essere malvagio.
In un disegno di Ivan Bilibin del 1934 la kikimora è ritratta come una vecchia dal lungo naso a becco d'uccello e con zampe di gallina.[1].
La parola kikimora significa spirito maligno di mora, quest'ultimo identificabile come una sorta di incubo notturno.[2]
In Siberia era diffusa la credenza in una kikimora abitante delle paludi, moglie di Lešij, il signore della foresta. La sua presenza può essere riconosciuta da impronte bagnate sui sentieri boschivi.[3]
Kikimora detesta le donne pigre e protegge le buone massaie, cullando i loro bimbi durante la notte. In una casa dove regna l'incuria la kikimora sottopone i suoi abitanti ad ogni tipo di molestia e si mette a filare di notte facendo fischiare il fuso. Si dice che una persona che veda una kikimora filare all'ingresso della casa sia presto destinata a morire.[4]
Per placare l'ira della kikimora bisogna lavare tutte le pentole e le stoviglie con della felce maschio. Una pietra forata o un mazzo di ramoscelli di ginepro, appeso sopra il luogo di nidificazione dei polli, sarebbero i rimedi necessari per proteggere le uova.[5]
Fortuna
La kikimora è oggetto del poema sinfonico op. 63 di Anatoly Liadov, composto nel 1910 su ispirazione di un racconto popolare di I.P. Sakharov:
“Vive e cresce Kikimora presso lo stregone fra i monti rocciosi. Da
mattina a sera le racconta il gatto saggio favole d'oltremare. Dalla sera
alla mattina ella è cullata su un giaciglio di cristallo. In sette anni
Kikimora è cresciuta. Gracile e ombrosa è Kikimora; il suo piccolo
capo è grande come un ditale e il suo corpo come una festuca. Strepita e
stride Kikimora da mattina a sera; fischia e sibila da sera a mezzanotte; e
da mezzanotte fino all'alba tesse all'arcolaio, tende il filo e taglia al telaio
l'ordito di seta. E fila e fila Kikimora pensieri malvagi contro l'intera
umanità.”[6]
Una kikimora è per Vladimir Megré la donna sposata incautamente, solo in apparenza dotata di buone qualità. Per estensione il termine ben si attaglia alla moglie trascurata, brontolona e sempre di cattivo umore, che rende la vita di suo marito (e degli uomini in generale) insopportabile.[8]
Nel romanzo fantasy La città dalle porte blu, scritto da Anna Dankovceva nel 2004, uno dei personaggi principali è la kikimora Pigna che accompagna il protagonista Ivan nella prima parte del suo viaggio verso il Regno al di là dei Mari.[9]
Note
^L. MORRISON MEYER, Sacred Home: creating shelter for your soul, Woodbury, MN, 2 ed. 2004, p. 56.
^R. KHANAM, Demonology: socio-religious belief of witchcraft, Delhi 2003, p. 253 ss.
^A. SJNIAVSKIJ, Ivan lo Scemo: paganesimo, magia e religione del popolo russo (trad. di G. Rapetti), Napoli 1993, p. 151.