Le serie delle Virtù (parete destra) e dei Vizi (parete sinistra) decorano la fascia inferiore delle pareti, situate in corrispondenza delle fasce ornamentali a sinistra e in posizione sfasata rispetto alle scene figurate a destra, per via della presenza delle finestre. Precise rispondenze collegano le scene opposte nelle pareti e in generale simboleggiano, per chi entra nella cappella, il percorso nella vita reale verso le beatitudine, aiutati dalle Virtù contro i pericoli dei vizi.
La critica ottocentesca (ripresa poi da Gnudi) relegò un po' superficialmente queste raffigurazioni a monocromo tra i lavori eseguiti dalla bottega, mentre la critica successiva (da Marangoni in poi, 1942) ha riconosciuto un contributo più sostanziale del maestro, arrivando a stabilire una quasi sicura autografia per le migliori del ciclo. In ogni caso si tratta di lavori di notevole qualità, come dimostra la fine cura del dettaglio. Salvini ne lodò l'immediatezza e la riflessione psicologica che anima le figure e la loro scelta.
Ogni raffigurazione ha il nome in latino in alto e in basso conteneva una dicitura esplicativa (sempre in latino), oggi quasi sempre illeggibile.
L'Ira è una figura femminile che nella follia della rabbia si straccia le vesti scoprendosi il petto e inclinandosi con bestiale irresponsabilità. Il gesto si ritrova nella scena di Cristo davanti a Caifa eseguito proprio dal sommo sacerdote a capo del sinedrio. La figura spicca tra gli altri vizi per il vigore del gesto, che ne fa opera quasi sicuramente autografa.
Essa è opposta alla calma della Temperanza, sulla parete opposta.
Bibliografia
Edi Baccheschi, L'opera completa di Giotto, Rizzoli, Milano 1977. ISBN non esistente