Dopo la formazione da disegnatore, si è avvicinato al documentario nei primi anni '70, imponendosi rapidamente come uno dei maggiori registi di documentari d'avanguardia della corrente strutturalista in Germania Ovest.[1][2] Tra le caratteristiche principali del suo stile, il rifiuto di voce narrante, il rifiuto di piani sequenza, l'interesse per il paesaggio, lo spazio e la prospettiva.[1][2] Tra le opere maggiori, le serie di documentari Architektur als Autobiografie (Architettura come autobiografia) e Photographie und jenseits (Fotografia e oltre).[2]
2012: Parabeton - Pier Luigi Nervi and Roman Concrete
2012: Perret in France and Algeria
2013: Two Museums
2014: The Airstrip - Decampment of Modernism, Part III
2015: Le Corbusier [IIIII] Asher Jorn [Relief]
2017: Bickels [Socialism]
2017: Dieste [Uruguay]
2017: Streetscapes [Dialogue]
2017: 2+2=22 [The Alphabet]
2018: Two Basilicas
2019: Years of Construction
2020: The Last City
2020: The Lobby
Note
^abJohn Sandford, Emigholz, Heinz, in Encyclopedia of Contemporary German Culture, Routledge, 2013, ISBN 1136816100.
^abcd Owen Lyons, The Representation of Space in the Films of Heinz Emigholz, in Randall Halle e Reinhild Steingröver (a cura di), After the Avant-garde: Contemporary German and Austrian Experimental Film, Camden House, 2008, ISBN9781571133656.