Dal 1918 il termine cambiò profondamente significato, e l'espressione Freikorps iniziò a indicare delle organizzazioni paramilitari che sorsero in Germania, appunto, dopo la fine della prima guerra mondiale. Molti veterani tedeschi si sentirono profondamente scollati dalla vita civile, e si unirono nei Freikorps, alla ricerca della stabilità all'interno di una struttura simile all'esercito. Altri, furenti per l'inaspettata e apparentemente inspiegabile sconfitta (la cosiddetta Dolchstoßlegende), vi si unirono nel tentativo di abbattere le sollevazioni comuniste o per ottenere una qualche forma di rivincita.
Ebbero un ruolo nel riarmo della Germania, per arruolare soldati senza violare le clausole del trattato di Versailles che imponeva alle nuove forze armate tedesche, la Reichswehr, di non superare i 100 000 uomini. Furono nel Baltico al comando del generale von der Goltz, occupando la Curlandia e Ventspils e sconfiggendo molte volte i russi. Con il velato appoggio degli Alleati, von der Goltz tenne il Baltico fino al 23 maggio 1919, quando riuscì a sconfiggere definitivamente i russi.
Nel 1920 si ebbero nella Ruhr alcune sollevazioni comuniste, quando 50 000 persone formarono l'Armata Rossa Ruhr e presero il controllo della regione. I Freikorps misero fine alla sollevazione senza ricevere ordini dal governo. Nel 1920 e 1921 presero parte alle rivolte nella Slesia in difesa della popolazione tedesca dell'area.
Alcuni ex membri appoggiarono il putsch di Kapp nel marzo dello stesso anno, tentativo che si concluse in un disastro. I Freikorps vennero inizialmente sciolti, anche se alcuni loro esponenti, confluiti in formazioni sotterranee connotate in senso nazionalistico, quale l'Organizzazione Consul, continuarono con metodi violenti la loro opposizione alla Repubblica di Weimar; le azioni più significative compiute da tale gruppo furono gli omicidi politici del ministro delle finanze Matthias Erzberger (nel 1921) e del ministro degli esteri Walther Rathenau (nel 1922).