D'amore di morte e di altre sciocchezze è il diciassettesimo album di Francesco Guccini.[1]
Descrizione
L'album, dedicato a "Victor" (Victor Sogliani, bassista del gruppo Equipe 84 con cui Guccini aveva suonato nel gruppo I Gatti) e a Bonvi (il noto fumettista, creatore di Sturmtruppen), entrambi amici di Guccini scomparsi poco prima dell'uscita del disco, contiene 9 brani, tre dei quali sono stati pubblicati come singoli promozionali per le radio: Lettera, Quattro Stracci e Cirano.[1]
Nella copertina c'è una foto di Guccini serio con, sullo sfondo, alcuni manifesti con la sua foto riprodotta anche sull'album Via Paolo Fabbri 43.[1][2]
Lettera è una ballata un po' rock che anticipa i temi trattati nell'album, l'amore, la morte e le sciocchezze della vita (come dice il titolo dell'album). Il testo della canzone riporta immagini e impressioni della vita e alla fine diventa più angoscioso e triste, ma ciò è dovuto al fatto che l'autore aveva appena perso due amici importanti.
L'album non è, però, intriso di rassegnazione e tristezza, anzi, scorre tranquillo e gioioso fino all'ultima traccia che ricorda un po' la frivolezza di Opera buffa.[senza fonte] La gioia e l'entusiasmo dell'innamoramento è, infatti, il tema di Vorrei, dedicata alla nuova compagna, Raffaella.
Quattro stracci è una ballata folk-rock autobiografica che parla dell'amore per Angela (la madre dell'unica figlia di Guccini, Teresa, a cui il cantautore aveva già dedicato nel disco precedente Farewell), un amore ormai finito, secondo la canzone, a causa della troppa distanza tra la schiettezza dell'autore e certe superficialità fintamente intellettuali della donna un tempo amata.
Un tema tipicamente gucciniano è quello di Stelle[senza fonte], in cui l'incanto davanti al cielo stellato è turbato dal senso della piccolezza dell'uomo che ci si perde dentro l'infinità del cielo.
Altra canzone d'amore nell'album è la Canzone delle colombe e del fiore, traccia che precede Il caduto dove ritorna il tema della morte, infatti, il brano è il lamento postumo di un montanaro che si duole di essere sepolto in un'anonima pianura da dove non si vede il profilo di un monte e dove perfino la neve è diversa da quella che lui ha conosciuto.
Il brano Cirano è una canzone d'amore e rappresenta anche una cruda e impietosa invettiva contro il mondo di quelli «con il naso corto», il solito gregge amorfo e conformista. Chiaramente ispirato all'opera teatrale Cyrano de Bergerac di Edmond Rostand, Guccini come spesso fa, parte da un'ispirazione letteraria del passato per parlare della modernità.[senza fonte] Cirano rimane da solo, ma l'amore per Rossana saprà vincere anche la sua apparente durezza e cattiveria.
Con Il matto l'atmosfera si fa più scanzonata e si arriva a I fichi registrata live, al contrario di tutto il disco. Questa canzone è un autentico pezzo da cabaret spassoso e scanzonato, che si rifà al "talking" che aveva contraddistinto il suo album Opera buffa, in una sorta di ideale appendice. Si ispira in realtà alla canzone I crauti di Mario Pogliotti[4]. I crauti è rimasta famosa anche per l'interpretazione di Monica Vitti in una puntata di Canzonissima nel 1972. I fichi risale al 1976 (fu eseguita in quell'anno da Guccini in televisione a Televacca, un programma di Roberto Benigni), e il suo testo non è riportato nel libretto dell'album.