Culturalmente distante dai compositori russi a lui contemporanei d'ispirazione nazionalista, passati alla storia come il Gruppo dei Cinque, Čajkovskij rivelò nella sua musica uno spirito cosmopolita, studiando tutta la vita la musica dell'Europa occidentale.
Pervase da una sensibilità estenuata e da una naturale eleganza, le sue partiture presentano nondimeno tratti talora distintamente russi, sia nella predilezione per il modo minore, sia soprattutto nel profilo delle melodie, talvolta ricavate dalla tradizione popolare o dalla liturgia ortodossa.
Per numero d'Opus
Op. 1 Due pezzi per pianoforte (1867)
Scherzo à la russe
Improvviso in mi bemolle maggiore
Op. 2 Souvenir de Hapsal, 3 pezzi per pianoforte (1867)
Op. 78 Il Voevoda, ballata sinfonica in la minore (1893)
Op. 79 Andante e Finale, per pianoforte e orchestra (1893)
Op. 80 Sonata per pianoforte n. 2 in do diesis minore (1865)
Balletti
Il genere a cui Čajkovskij deve maggiormente la sua popolarità è quello del balletto.[1][2]
Il lago dei cigni (Лебединое озеро), op. 20 (1875-6). Fu il primo balletto di Čaikovskij, rappresentato, pur con qualche taglio, al Teatro Bol'šoj di Mosca, nel 1877. Fu pienamente apprezzato solo dopo la morte del musicista.
Lo schiaccianoci (Щелкунчик), op. 71 (1891-2). Anche se il compositore rimase meno soddisfatto dell'impegno profuso per questo balletto, Lo schiaccianoci è uno dei suoi lavori più popolari, anche grazie alla suite realizzata dallo stesso Čaikovskij, ed il suo fascino risiede in un peculiare sentimento di magico e di fatato legato al sogno e al ritorno a un sentire ingenuo.
Opere liriche
(Le date tra parentesi si riferiscono all'inizio della composizione, cfr. Warrack, 1973, da p. 271, op. cit., vedi "Bibliografia").
Il fabbro Vakula (Кузнец Вакула) (1874) rappresentata a San Pietroburgo nel 1876. L'opera fu rielaborata nel 1885 con il titolo Gli stivaletti.
Evgenij Onegin (Евгений Онегин), op. 24 (1877-8), dall'omonimo romanzo in versi di Aleksandr Puškin, che ottenne un ampio consenso nella rappresentazione del 1881 (la prima era avvenuta nel 1879).
La Pulzella d'Orleans (Орлеанская дева) (1878-9), rappresentata a San Pietroburgo nel 1881.
Mazepa (Мазепа) (1881-3), opera in tre atti tratta da Puškin; un tipico melodramma russo che narra la storia d'amore tra un condottiero, una giovane donna ed il suo giovane innamorato, con risvolti intensi e drammatici. Venne rappresentata a Mosca nel 1884.
Gli stivaletti (Черевички) (1885), revisione de Il fabbro Vakula.
L'incantatrice (Чародейка) (1885-7), rappresentata a San Pietroburgo nel 1887.
La dama di picche (Пиковая дама) (1890), op. 68, sempre tratta da Puškin, e considerata il suo capolavoro teatrale, mostra particolari accenti di intensità macabra e angosciosa («Quest'opera ha in sé qualcosa di spaventoso», affermò lo stesso Čajkovskij). Rappresentata a San Pietroburgo nel 1890.
Iolanta (Иоланта) (1891), op. 69, opera in un atto, libretto del fratello del compositore, Modest, dal dramma La figlia del re René (1846) dello scrittore danese Henrik Hertz (1798-1870). Ultima creazione lirica del compositore ebbe nascita contemporanea assieme al balletto Lo Schiaccianoci, e come dittico venne presentata a San Pietroburgo nel 1892. L'amore restituisce la vista ad una fanciulla cieca dalla nascita. Mahler ebbe un interesse particolare per quest'opera che diresse ad Amburgo solo sedici giorni dopo la prima assoluta in Russia. È un lavoro strutturalmente molto particolare e con novità di stile.
Composizioni orchestrali
Sinfonie
Le prime tre sinfonie, interessanti ma un po' acerbe, presentano un legame più diretto con il nazionalismo musicale russo. Le ultime tre e la Sinfonia Manfred si soffermano su temi più intensamente sentiti da Čajkovskij, quali il fato, l'angoscia esistenziale e, in particolare la Sesta, la morte.[4]
Sinfonia n. 4 in fa minore, op. 36 (1877-8), dominata dal trepidante tema musicale del "destino": «un'ombra costante che ostacola il raggiungimento della felicità, … una sorta di veleno per l'anima», che comparirà ben nove volte nel corso del primo movimento. I tempi centrali si caratterizzano per la loro magia e per la loro soave fattura, mentre il finale si presenta come estenuata ricerca della gioia umana.
Sinfonia n. 5 in mi minore, op. 64 (1888), ancora una volta dominata da un tema legato al "destino", ma dal profilo questa volta più morbido, che dopo avere compiuto una prima apparizione nel massiccio primo movimento, sorta di inno a un eroismo rassegnato, e dopo avere turbato i dolcissimi volteggi amorosi del secondo movimento, nel finale appare trasformato nel fulcro di uno sfarzoso inno alla Provvidenza divina.
Sinfonia in mi bemolle maggiore, abbozzata tra il 1891 e il 1892 e poi abbandonata. Nella primavera del 1891, per più spinte creative ed emozionali, il musicista stava pensando ad una nuova sinfonia che iniziò ad abbozzare mentre si dirigeva in America per il suo giro concertistico. Gli schizzi erano diversi, in modo minore e in mi bemolle maggiore; essi portavano anche annotazioni programmatiche. Insoddisfatto, Čajkovskij tuttavia non distrusse il materiale prodotto, come in un primo momento aveva pure dichiarato: il primo tempo venne riutilizzato per la creazione del Terzo Concerto per pianoforte ed orchestra. Tra il 1951 ed il 1955 il musicologo sovietico Semën Bogatyrev produsse una versione completa della sinfonia, eseguita a Mosca (e nota come "Settima Sinfonia") il 7 febbraio 1957 ed incisa su disco più volte nel corso del tempo[5]. Le parti "mancanti" originarie erano infatti esistenti, sotto altre spoglie, nel cosiddetto Andante e Finale per pianoforte ed orchestra (curato dall'allievo Sergej Ivanovič Taneev nel 1895) e così pure il terzo tempo, rielaborato da Čajkovskij come a solo di piano dell'op. 72 (n.10) e che Bogatyrev introdusse nella propria ricostruzione[6].
Sinfonia n. 6 in si minore, op. 74, Pathétique (1893), dominata da un programma enigmatico, forse intimamente collegato agli ultimi sentimenti di vita di Čajkovskij e perfino alla sua morte misteriosa, che, dopo l'appassionato movimento d'apertura e il successivo, etereo valzer, cui l'insolito movimento di 5/4 conferisce una sfumatura straniata e sottilmente inquieta, sembra esplodere nel parossismo d'eccitazione del terzo tempo, dai toni spettrali e accesamente visionari, densi di una gioia straripante ed equivoca, e nell'affranto Adagio lamentoso finale. Particolarmente rilevanti alcune dichiarazioni dello stesso autore in merito alla sua ultima sinfonia: «ho in essa riposto tutta la mia anima», «ed essa è penetrata da un carattere che resterà per chiunque altro un enigma».[7][8]
Sinfonia Manfred in si minore, op. 58, (1885), basata sul dramma gotico Manfred di George Gordon Byron, percorso dai temi, tipicamente romantici, della colpa e dello spirito prometeico, mentre i tempi centrali sono dominati da un delicato e avvolgente sentimento della natura.
Gli stivaletti
Francesca da Rimini
Album per bambini
Il Voevoda
Concerti e pezzi concertanti
Concerto per pianoforte e orchestra n. 1 in si bemolle minore, op. 23, (1874-5). Dei tre concerti per pianoforte e orchestra è il più conosciuto e apprezzato. Fu all'inizio respinto dall'esecutore per cui era stato pensato, il pianista Nikolaj Grigor'evič Rubinštejn, il quale vedeva in esso una composizione poco ricca e poco interpretabile; pertanto debuttò con Hans von Bülow a Boston nel 1875. Opera tra le più popolari del suo autore, si caratterizza per lo stile vivido e folgorante e per il grandioso incipit.
Sérénade mélancolique per violino e orchestra, op. 26 (1875)
Variazioni su un tema rococò per violoncello e orchestra, op. 33 (1876-7), Čajkovskij considerava quest'opera uno dei suoi capolavori.
Valse-Scherzo per violino e orchestra, op. 34 (1877)
Concerto per violino e orchestra in re maggiore, op. 35 (1878), fu composto in meno di un mese tra il marzo e l'aprile 1878, ma la sua prima esecuzione ebbe luogo solo nel 1881 perché Lipót Auer, il violinista a cui Čajkovskij intendeva dedicare il lavoro, si rifiutò di interpretarla. Tuttavia nel tempo il concerto si è guadagnato una grande notorietà.
Pezzo capriccioso per violoncello e orchestra, op. 62 (1888)
Concerto per pianoforte e orchestra n. 3 in mi bemolle maggiore op. postuma 75, (1893), la sua storia è connessa a quella della "Sinfonia in mi bemolle maggiore". Si tratta di un Allegro brillante che altro non è se l'elaborazione del primo movimento della Sinfonia abbandonata. L'idea era quella di un concerto nei classici tre tempi, ma vista la lunghezza generale, il compositore decise di farne un concerto ad un solo movimento. Il secondo e terzo movimento, un Andante ed un Finale, vennero terminati solo nella parte solistica con schizzi della strumentazione. Alla fine del giugno 1894 l'allievo Sergej Ivanovič Taneev curò la pubblicazione del Concerto, eseguendolo il 19 gennaio 1895. In seguito, su invito di Modest I. Čajkovskij, completò ed orchestrò anche l'Andante e Finale e lo interpretò a Mosca. Successivamente ancora Taneev ritoccò la parte pianistica (1897), eseguendolo nelle sue tre parti il 17 ottobre 1898 a San Pietroburgo. Poco noto e di solito eseguito nella forma voluta da Čajkovskij, ha un tono brillante, in linea con il concertismo pianistico russo dell'epoca, ma pure rivolto al clima di fine secolo[6][9].
Andante e Finale per pianoforte e orchestra, op. postuma 79 (1893)
Concerto per violoncello e orchestra (abbozzo basato su un frammento di 60 battute trovato sul retro dell'abbozzo dell'ultimo movimento della sesta sinfonia)
Pezzo di concerto per flauto e archi, TH 247 op. posth. (1893)
Musica a programma e pezzi commissionati
La tempesta (L'uragano), ouverture da Ostrovskij, op. postuma 76 (1864)
Festival Ouverture sull'Inno nazionale danese (1866)
Di particolare pregio sono l'ouverture-fantasia Romeo e Giulietta e la fantasia sinfonica Francesca da Rimini, ispirate a due classici della letteratura.
Suite orchestrali e serenate
Čajkovskij scrisse anche quattro suite per orchestra, composte nel periodo tra la Quarta e la Quinta sinfonia.
In origine pare che fosse tentato di chiamare sinfonie anche questi lavori ma si convinse a cambiarne il titolo.
Suite n. 2 in do maggiore, op. 53 (1883), l'organico comprende anche quattro fisarmoniche "ad libitum".
Suite n. 3 in sol maggiore, op. 55 (1884), il coreografo George Balanchine (1904-1983) realizzò una famosa coreografia, Theme and Variations sul movimento finale di questa suite, New York 1947, con Alicia Alonso.
Suite n. 4 in sol maggiore, op. 61 (1887), il sottotitolo della composizione è Mozartiana basandosi interamente su pezzi di Mozart: il K. 574, 355, 618 e 455, segno dell'amore per il compositore salisburghese.
Sneguročka (La fanciulla di neve), op. 12 (1873 al Teatro Michajlovskij di San Pietroburgo), musiche di scena per il dramma omonimo di Aleksandr Ostrovskij. Ostrovskij adattò in dramma una popolare fiaba russa,[10] e la partitura che Čajkovskij scrisse per essa fu sempre uno dei suoi lavori preferiti. Contiene molta musica vocale, ma non è una cantata o un'opera.
I Montenegrini ricevono la notizia della dichiarazione di guerra della Russia alla Turchia (1880), musica per un quadro
Il Voevoda (1886), musiche di scena per una scena del dramma di Ostrovskij Un sogno sul Volga
^Un intero, piccolo ma denso volume di analisi dettagliata dei tre balletti, è ad opera di John Warrack, specialista inglese sul musicista (vedi Warrack, 1973).
^(DE) Thomas Kohlhase, Ballette (PDF), su tschaikowsky-gesellschaft.de.
^Uno studio monografico sulle sinfonie corredato di una ricca sezione critico-biografica e di apparati diversi (vedi Tammaro).
^Il musicologo ha lasciato nella prefazione alla partitura il dettaglio dei materiali a sua disposizione e del complesso lavoro di ripristino (vedi Warrack 1977).
^Tipica contraddizione čajkovskijana dalla critica ampiamente osservata: « [...] un'intenzione, invero un po' civettuola» ha scritto Tammaro che ripropone il commento di Mario Bortolotto per cui «È evidente che un programma taciuto non è più tale» (Tammaro, p. 266).
Aveva forse ragione il fratello Modest per cui il musicista nel momento compositivo, andava a compiere un esorcismo per cacciare tutti gli oscuri dèmoni, che lo possedevano da molto tempo (Hofmann, p. 160). Del resto se il programma non fu di fatto pubblicato esso apparve sufficientemente leggibile a parenti ed amici, quantomeno ad opera eseguita ma non soltanto. Da tempo ormai l'artista manifestava un disagio esistenziale, un presagio della propria fine, come ha scritto (Hofmann, p. 160). Peraltro in un autografo conservato a Klin, esiste un appunto sulla sua articolazione: "Il motivo sotterraneo è la Vita, con la sua antitesi in essa connaturata: il primo movimento è soltanto passione, fiducia, slancio vitale, il secondo movimento raffigura l'amore; il terzo la fine delle illusioni per l'incalzare minaccioso delle forze del male, il quarto è la Morte, cioè l'annientamento della Vita" (Bellingardi, p. 131).
Ma poi probabilmente «il programma doveva rimanere segreto anche perché non del tutto chiaro allo stesso Čajkovskij, per il quale la composizione era in fondo un lavoro di autoanalisi, di introspezione...» (Tammaro, p. 266). E non oltre che una curiosità poi l'interpretazione del premuroso Modest, sul discusso programma, in una lettera del 1907 ad un musicologo ceco, con candida ammissione di reale ignoranza (Tammaro, p. 267). Quindi corrette le proposte appena citate di una ricerca intima o - più crepuscolarmente - il rituale per liberarsi dai fantasmi di un'intera vita. Non peregrina in conclusione la proposta dell'Hofmann di una «confessione musicale di un nichilista che vorrebbe sbarazzarsi di tutto ciò che di malvagio vi è in lui, dal momento che la sua musica implica il rifiuto di ogni consolazione, si tratti di felicità umana o religiosa - ed ugualmente la derisione di tutti i valori» (Hofmann, p. 160).
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