Anelli di Nettuno

Voce principale: Nettuno (astronomia).
Schema degli anelli e dei satelliti di Nettuno. Le linee continue rappresentano gli anelli, quelle tratteggiate le orbite.

Il pianeta Nettuno possiede un debole sistema di cinque anelli planetari principali, predetti già nel 1984 da André Brahic e fotografati dalla sonda Voyager 2 nel 1989.[1] Nei punti più densi sono paragonabili alle regioni meno dense degli anelli principali di Saturno, come l'anello C e la divisione Cassini, ma si tratta in genere di un debole sistema di anelli piuttosto tenue, costituito da polveri paragonabile agli anelli di Giove.

Sono stati chiamati con i nomi di astronomi che hanno effettuato importanti studi sul pianeta:[1] Galle, Le Verrier, Lassell, Arago, Adams, elencati in ordine di distanza crescente da Nettuno.[1] Un ulteriore anello coincide con l'orbita di Galatea. Altri tre satelliti hanno orbite all'interno degli anelli: Naiade, Thalassa e Despina.[1]

La loro struttura sembra irregolare, forse a causa delle interazioni gravitazionali con i satelliti del pianeta; essi presentano notevoli interruzioni e zone più dense note come archi d'anello.

Gli archi

A metà degli anni 1980, in seguito a diverse occultazioni stellari da parte di Nettuno, emerse per la prima volta la possibilità che Nettuno fosse circondato da archi d'anello, in numero almeno pari a tre; questo tuttavia presupponeva la presenza simultanea di almeno sei satelliti pastore, o di un solo satellite dall'orbita altamente ellittica (come poi si rivelò essere Nereide). Quando nel 1989 la sonda spaziale Voyager 2 sorvolò il pianeta la distribuzione irregolare di materia precedentemente ipotizzata fu confermata; l'anello principale, Adams, si rivelò costituito da cinque archi di anello principali.

Gli archi occupano una stretta banda longitudinale e sembrano piuttosto stabili, con minime variazioni dall'epoca della loro scoperta. L'esistenza di simili strutture non è stata ancora pienamente giustificata; normalmente ci si aspetterebbe una distribuzione uniforme di polveri e piccoli corpi ghiacciati sull'intera orbita attorno al pianeta. La stabilità potrebbe essere collegata alla risonanza orbitale tra l'anello e il suo satellite pastore Galatea.[2]

Costituzione

Il sorvolo della Voyager 2 permise di individuare per la prima volta anche due anelli minori; fu inoltre evidenziata la possibilità che l'intero sistema nettuniano fosse permeato da un disco diffuso di polveri opache, poco visibili a causa della presenza di composti del carbonio di colore scuro derivanti dall'impatto della radiazione solare con il metano solido, analogamente a quanto rilevato negli anelli di Urano.[3] La percentuale di polveri negli anelli, compresa tra il 20 e il 40%, è abbastanza alta, ma la profondità ottica è invece bassa, meno dello 0,1%.[4] Solo l'anello Adams include cinque archi distinti, Fraternité, Égalité 1 e 2, Liberté, e Courage.

L'altro anello principale, assieme ad Adams, è l'Anello Le Verrier, il cui nome è stato assegnato in onore di Urbain Le Verrier che per primo ipotizzò l'esistenza di Nettuno e fornì i calcoli che permisero di arrivare alla sua scoperta.[5] Ha un raggio orbitale piuttosto stretto, di circa 53.200 km,[1] e un'ampiezza di circa 113 km.[4] La profondità ottica è di 0,0062 ± 0,0015, cui corrisponde una profondità equivalente di 0.7 ± 0.2 km.[4] La frazione di polveri è compresa tra 40% e 70%.[2][6] Si ritiene che il piccolo satellite Despina, che orbita al suo interno a 52.526 km, agisca da pastore stabilizzandone la posizione.[1]

Osservazioni condotte dalla Terra nel 2005 hanno portato ad ipotizzare che il sistema di anelli di Nettuno sia estremamente instabile; appare che l'anello Liberté potrebbe scomparire entro la fine del XXI secolo.

Interazioni con la magnetosfera

Lo stesso argomento in dettaglio: Campo magnetico di Nettuno.

Il sistema di anelli planetari di Nettuno, situato sul piano equatoriale del pianeta, è immerso all'interno della sua magnetosfera; la presenza degli anelli e dei satelliti ne modifica la consistenza, raccogliendone le particelle cariche.

Prospetto

Segue un prospetto degli anelli planetari di Nettuno.

Gli anelli di Nettuno, visti dalla Voyager 2 nel 1989.
Nome Distanza dal centro
di Nettuno[1]
Ampiezza Eponimo
Anello Galle
(Anello diffuso)
41 900 km 15 km Johann Galle
Anello Le Verrier
(Anello interno)
53 200 km 15 km Urbain Le Verrier
  Anello Lassell 55 400 km - William Lassell
  Anello Arago 57 600 km - François Arago
Anello Adams
(Anello principale)
62 930 km < 50 km John Couch Adams
  Anello Courage 62 900 km - Coraggio
  Anello Liberté (Leading) 62 900 km - Libertà (motto della Francia)
  Anello Egalité 1 (Equidistant) 62 900 km - Eguaglianza (motto della Francia)
  Anello Egalité 2 (Equidistant) 62 900 km - Eguaglianza (motto della Francia)
  Anello Fraternité (Following) 62 900 km - Fraternità (motto della Francia)

Note

  1. ^ a b c d e f g Miner, Ellis D., Wessen, Randii R., Cuzzi, Jeffrey N., The discovery of the Neptune ring system, in Planetary Ring Systems, Springer Praxis Books, 2007, ISBN 978-0-387-34177-4.
  2. ^ a b J.A. Burns, Hamilton, D.P.; Showalter, M.R., Dusty Rings and Circumplanetary Dust: Observations and Simple Physics (PDF), in Grun, E.; Gustafson, B. A. S.; Dermott, S. T.; Fechtig H. (a cura di), Interplanetary Dust, Berlin, Springer, 2001, pp. 641–725.
  3. ^ Smith, B. A.; Soderblom, L. A. et al. (1989). Voyager 2 at Neptune: Imaging Science Results. Science 246 (4936): 1422–1449. https://dx.doi.org/10.1126%2Fscience.246.4936.1422
  4. ^ a b c Linda J. Horn, Hui, John; Lane, Arthur L., Observations of Neptunian rings by Voyager photopolarimeter experiment, in Geophysics Research Letters, vol. 17, n. 10, 1990, pp. 1745–1748, Bibcode:1990GeoRL..17.1745H, DOI:10.1029/GL017i010p01745.
  5. ^ John Adams, Prof. Adams on Leverrier's Planetary Theories, in Nature, vol. 16, n. 413, 1877, pp. 462–464, Bibcode:1877Natur..16..462., DOI:10.1038/016462a0.
  6. ^ Joshua E. Colwell, Esposito, Larry W., A model of dust production in the Neptunian ring system, in Geophysics Research Letters, vol. 17, n. 10, 1990, pp. 1741–1744, Bibcode:1990GeoRL..17.1741C, DOI:10.1029/GL017i010p01741.

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