Le ragioni dichiarate del presidente Woodrow Wilson per giustificare l'invio di truppe in Siberia erano tanto diplomatiche quanto militari.
Uno degli obiettivi principali era quello di salvare i 40.000 uomini delle Legioni cecoslovacche, che erano stati bloccati dalle forze bolsceviche mentre cercavano di farsi strada lungo la ferrovia Transiberiana verso Vladivostok e si sperava, fino al fronte occidentale.
Un altro motivo importante era di proteggere le grandi quantità di rifornimenti militari e materiale rotabile ferroviario che gli Stati Uniti avevano inviato nell'estremo oriente russo a sostegno degli sforzi bellici del precedente governo russo sul fronte orientale.
Altrettanto sottolineata da Wilson fu la necessità di "stabilizzare ogni tentativo di auto-governo o autodifesa per il quale gli stessi russi potrebbero essere disposti ad accettare assistenza."
All'epoca le forze bolsceviche in Siberia controllavano solo piccole sacche e Wilson voleva assicurarsi che né predoni cosacchi, né l'esercito giapponese avrebbe sfruttato l'instabile situazione politica lungo la strategica linea ferroviaria e nelle regioni siberiane ricche di risorse che attraversa.[1]
Parallelamente e per ragioni analoghe, Wilson inviò circa 5.000 soldati americani ad Arcangelo, in Russia: la Spedizione orso polare.
La spedizione
Il corpo di spedizione era comandato dal maggior generale William S. Graves e in totale contava 7.950 tra ufficiali e soldati di truppa dell'esercito degli Stati Uniti: comprendeva il 27° e il 31º Reggimento di fanteria oltre a un gran numero di volontari provenienti dai 13°, 62° e 12°Reggimento dell'8th Division di fanteria, precedentemente comandata da Graves.[2]
Provenivano dalle Filippine e da Camp Fremont in California.
Sebbene il generale Graves non arrivò in Siberia fino al 4 settembre 1918, i primi 3.000 soldati americane sbarcarono a Vladivostok tra il 15 e il 21 agosto 1918 e furono rapidamente assegnati a servizio di guardia lungo segmenti della ferrovia tra Vladivostok e Nikol'sk-'Ussurijskij a nord.[3]
A differenza dei suoi omologhi alleati il generale Graves riteneva che la missione in Siberia fosse di proteggere i rifornimenti di proprietà americana e aiutare le Legioni cecoslovacche ad evacuare dalla Russia e non di lottare contro i bolscevichi.
Ripetutamente richiamo alla moderazione, Graves spesso si scontrò con i comandanti delle forze britanniche, francesi e giapponesi, che pure avevano truppe nella regione e che volevano che prendesse un ruolo più attivo nell'intervento militare in Siberia.
Problemi logistici e perdite
Per i soldati l'esperienza in Siberia fu terribile.
Erano molto diffusi i problemi con il carburante, munizioni, rifornimenti e cibo.
I cavalli abituati a climi temperati non erano in grado di operare nella Russia sotto zero.
Le mitragliatrici raffreddate ad acqua congelarono e divennero inutili.
Gli ultimi soldati americani lasciarono la Siberia il 1º aprile 1920.
Durante i 19 mesi di permanenza in Siberia 189 soldati della AEF Siberia morirono per varie le cause.
In confronto, la più piccola American North Russia Expeditionary Force, durante nove mesi di combattimenti vicino ad Arcangelo, sopportò 235 decessi per varie cause.[4]
(EN) Christine L. Putnam, The Story of the American Expeditionary Forces, su worldwar1.com, The Great War Society. URL consultato il 13 aprile 2014 (archiviato dall'url originale l'8 aprile 2010).